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La melodia del Riscatto

A 45 anni dal genocidio cambogiano

In ricordo del genocidio perpetrato dai Khmer rossi, vogliamo proporvi una storia di speranza; una storia in cui il ritorno al passato, sulle note degli strumenti tradizionali cambogiani, ha dato nuova energia e forza alla ricerca della verità in Cambogia. La ricerca del bello, del puro, è quindi parte integrante della conservazione della memoria. È vero ciò che diceva il principe Minškin ne L’idiota di Dostoevskij: la bellezza salverà il mondo.

Sono passati ormai 42 anni. Generazioni intere si sono succedute e la Cambogia si è scossa la polvere della storia di dosso, ma le ferite nell’animo della popolazione hanno bisogno di un lungo processo di guarigione.

Sono proprio queste ferite intime che Arn Chorn-Pond, vincitore del premio dei Diritti Umani di Amnesty International nel 1991 e fondatore della Cambodian Living Arts, vuole esporre e mostrare a noi, l’umanità intera.

Arn Chorn non era che un bambino di nove anni quando assistette al realizzarsi di quello che noi oggi ricordiamo come il genocidio cambogiano. Seguendo una utopica rivoluzione agraria, tra il 1975 e il 1979, la guerriglia di Pol Pot si impose con il terrore in Cambogia, uccidendo per fame, per lavoro forzato o esecuzioni tra 1,7 e 2 milioni di cambogiani, un quarto della popolazione del Paese secondo l’ università di Princeton.

La riforma agraria causò una grave carestia, portando gran parte della popolazione a morire di stenti, così come l’insistenza nella autosufficienza economica, persino in campo farmaceutico, portò una buona fetta della popolazione a morire di malattie curabili. Ispirati poi dal maoismo più estremista, bersaglio preferito delle rappresaglie dei Khmer rossi furono gli intellettuali o semplicemente tutti coloro che manifestavano un certo grado di istruzione (il solo portare gli occhiali era sinonimo di appartenenza alla classe intellettuale).

Arn Chorn è stato separato dai suoi genitori dopo la morte per stenti degli altri due fratellini. Insieme ad altri coetanei, vennero portati nel tempio buddista di Wat Ek Phnom di Battambang, riconvertito in carcere e centro di esecuzioni. Ricorda Arn che, in quello che una volta era un centro di preghiera e spiritualità, si eseguivano dalle tre alle quattro esecuzioni di massa al giorno, o che i guerriglieri chiedevano ai bambini di guardare quelle esecuzioni e se riscontravano nei loro occhi uno spiraglio di umanità o compassione, venivano uccisi insieme ai prigionieri.
Arn Chorn, come molti bambini soldato, fu obbligato a impugnare le armi contro la sua volontà. Una piccola speranza di sopravvivenza in quell’inferno fu lui offerta dalla musica. Il piccolo Arn proveniva da una famiglia di artisti e musicisti. Abile nell’uso del khaen, il tradizionale flauto cambogiano, fu ben presto scelto come flautista di propaganda dalla guerriglia di Pol Pot. Benché salvo, il piccolo Arn Chorn-Pond si ritrovò solo al mondo; l’ambiente ameno che conosceva era andato distrutto per sempre. Nei primi anni '80, Arn Chorn riuscì a scappare in Thailandia e venne adottato da una famiglia americana, iniziando una nuova vita negli USA.

Si sa che dal passato non si può scappare: i pensieri, i ricordi e gli incubi seguirono il giovane Arn Chorn fin negli Stati Uniti. Si sentiva fortunato, ma allo stesso tempo confuso e assalito dai sensi di colpa per essere riuscito a sopravvivere. “Perché sono qui?” si chiedeva senza sosta. L’adolescenza nel nuovo Paese non fu facile, l’oppressione mentale era così forte che più volte pensò al suicidio. Fu allora, ormai al limite, che grazie a un saggio consiglio paterno iniziò a parlare nelle scuole prima e in pubblico poi, di ciò che era accaduto e ancora accadeva nel suo paese. Ed ecco che lo spirito si distendeva, le lacrime scendevano copiose ma alleggerivano l’anima. La vera pace però sarebbe arrivata qualche anno più tardi, col il ritorno di Arn Chorn in Cambogia. Negli anni '90 Arn Chorn è pronto a tornare in Cambogia, alla ricerca degli artisti tradizionali khmer sopravvissuti. Il viaggio è ripreso dal documentario The flute player di Jocelyn Glatzer. Secondo il Cambodian Living Arts, morì durante il genocidio cambogiano quasi il 90% degli artisti del Paese.

Nel 1998 Chorn fonda la Cambodia Living Arts, che come primo obbiettivo si propose di ritrovare gli artisti sopravvissuti e condividere la loro eredità.
Inizialmente l’organizzazione si occupò di aiutare gli artisti trovati, molti dei quali vivano in condizioni di sussistenza e forte disagio. Tra il 1999 e il 2009, la CLA viene appoggiata dall’organizzazione internazionale World Education, creando così una struttura che comprendeva 16 maestri, 11 assistenti e 200 studenti per otto province cambogiane.
Ciò che la CLA fece fu un vero e proprio progetto di sviluppo solidale delle aree marginali della società cambogiana; attraverso lo sviluppo del pilastro fondamentale dell’organizzazione, i programmi di sviluppo artistico, si aiutano i leader delle comunità a creare processi sociali ed economici sostenibili.
Grazie alle borse di studio, il lavoro artistico si professionalizzava, entrando così come materia di studio nelle scuole del Paese.

Dal 2009 inoltre, nel museo di Phnom Penh, il corpo di danza della CLA, mette in scena le antiche storie mitiche khmer; si parla di guerra, natura e amori, restituendo così popolo cambogiano ciò che l’oscurantismo del regime aveva cancellato. 

L’obbiettivo di Arn Chorn, ora che le ferite della popolazione sono state medicate, è lasciare una eredità alle generazioni future. Il sogno, invece, è quello di rendere il caso della CLA una opzione applicabile in tutte le aree dove sia necessaria una ricostruzione post-conflitto perché, si chiede Arn Chorn, da dove può risorgere un Paese se non dalla sua cultura?

5 aprile 2017

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