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La parola alle vittime del genocidio in Guatemala

numerosi i testimoni in aula contro Efrain Rios Montt

È cominciato il processo per Efraìn Rios Montt, l'ex dittatore del Guatemala al potere dal 1982 al 1983, e José Muricio Rodriguez Sanchez, il responsabile della Direzione di intelligence dell'esercito, accusati del massacro degli indigeni Ixil, considerati "nemici interni" e al centro del piano di pulizia etnica del regime.

Salito al potere il 23 marzo 1982 dopo aver deposto con un gruppo di giovani ufficiali il dittatore Romeo Lucas Garcia, Montt caratterizzò il suo regime per la repressione indiscriminata contro la popolazione civile. Le vittime stimate delle violenze compiute sotto il suo governo superano le 10mila unità; in particolare, a Montt si deve il massacro di 1771 persone da parte delle Kaibiles - le forze speciali antiguerriglia - nell'area conosciuta come Triangolo Ixil, nel nord del Paese. Le ricerche effettuate in questa zona hanno riscontrato che quasi la metà degli scheletri seppelliti nelle fosse comuni apparteneva a bambini sotto i 12 anni.


Il processo si è aperto con le prime testimonianze dei sopravvissuti. "Ero un contadino - ha dichiarato Nicolas Brito - e quando arrivarono i soldati ero a coltivare il mais. In pochi riuscimmo a fuggire, la maggior parte fu catturata. Gli uomini che si salvarono furono obbligati dall'esercito ad entrare nelle Pattuglie di Autodifesa Civile (PAC) e utilizzati come spie nei villaggi vicini".


Gli fa eco Bernardo Gusal, un altro sopravvissuto: "Entrare nelle PAC era obbligatorio, e se ti rifiutavi di farlo venivi incarcerato e picchiato selvaggiamente. I soldati arrivavano tutti i giorni e ci portavano via il cibo. E ci ricordavano che in quella zona loro 'erano la legge'". 


Le violenze compiute dall'esercito del Guatemala sterminarono interi villaggi. Juan Lopez Mateo era a coltivare il mais il 2 settembre 1982. "Quando tornai al villaggio sentii il pianto di un bambino, e capii che stava succedendo qualcosa di brutto. Entrato in casa, trovai i cadaveri di mia moglie e dei miei figli, di 5 e 2 anni". "Credo che l'esercito che ci controllava aspettasse che gli uomini andassero a lavorare nei campi per entrare nei villaggi, violentare e uccidere le donne - ha dichiarato un altro testimone, Juan Lopez Maton - Chi riusciva a salvarsi moriva poi di fame in montagna, dato che i soldati bruciavano tutti i campi". 


I commoventi racconti delle vittime sono stati raccolti nel Rapporto della Commissione per il  Chiarimento Storico, patrocinata dall'ONU, e documentano atroci barbarie: bambini uccisi a colpi di roccia, episodi di cannibalismo dei soldati sulle vittime e violenze contro le donne in stato di gravidanza, i cui ventri venivano lacerati dalle baionette dell'esercito.


Fuori dall'aula di tribunale, non mancano i sostenitori di Montt, ex soldati e loro parenti, che hanno lanciato una campagna per negare che in Guatemala ci sia mai stato un genocidio. Il processo contro l'ex dittatore ha comunque una portata storica, e mostra un' evoluzione importante nel sistema giudiziario del Paese.  ”È la prima volta che un ex capo di Stato è portato a giudizio per genocidio da un tribunale nazionale - ha dichiarato Navi Pillay, Alto commissario ONU per i diritti umani - Fino a poco tempo fa nessuno credeva che un processo del genere potesse svolgersi in Guatemala".

26 marzo 2013

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