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Auschwitz- Birkenau: l'area italiana è chiusa

intervista a Piotr Cywinski, direttore del Museo

Il blocco 21 del museo di Auschwitz- Birkenau è chiuso. La collaboratrice di Gariwo Annalia Guglielmi ha intervistato il direttore del Museo  Piotr Cywinski per chiedere le ragioni di questa scelta tanto radicale: la chiusura è stata motivata dalla sostanziale differenza tra l'area italiana, che ospitava un'opera d'arte, e quelle degli altri Paesi, che hanno un "carattere storico-narrativo" e sono "uno strumento pedagogico".  



COME ERA NATO IL PADIGLIONE ITALIANO


Il Corriere della Sera spiega: "Nel 1971, l’Aned (associazione nazionale ex deportati) ottiene il consenso dalle autorità polacche per predisporre un memoriale sulla deportazione degli italiani. Nel 1975 lo studio Bbpr di Milano (Banfi, Belgiojoso, Peressutti, Rogers) presenta il primo progetto. La difficoltà nella raccolta dei fondi porterà alla realizzazione dell’opera solo nel 1980, e il 13 aprile il memoriale sarà inaugurato. Belgiojoso spiegava così l’istallazione: 'Ci siamo sforzati di ricreare allusivamente un’atmosfera di incubo, l’incubo del deportato straziato tra la quasi certezza della morte e la tenue speranza della sopravvivenza, mediante un percorso che passa all’interno di una serie infinita di spire di una grande fascia elicoidale illustrata, che accompagna il visitatore dall’inizio alla fine. È l’idea di uno spazio unitario ossessivo». Primo Levi, chiamato a redigere il testo, faceva parte del comitato esecutivo che decise la natura del memoriale, più artistico che informativo. La grande spirale immaginata da Belgiojoso fu poi illustrata da Mario Samonà, mentre il compositore Luigi Nono concesse l’uso del brano musicale «Ricorda che cosa ti hanno fatto ad Auschwitz'; il tutto con l’obiettivo, dichiarato alla direzione del Museo, che il padiglione italiano 'fosse un luogo dove la fantasia ed i sentimenti di ognuno, più delle immagini e dei testi, rendessero l’atmosfera di una grande e indimenticabile tragedia' (dichiarazione di Primo Levi e Gianfranco Maris)".


L'INTERVISTA DI ANNALIA GUGLIELMI AL DIRETTORE DEL MUSEO DI AUSCHWITZ- BIRKENAU


A pochi giorni dalle celebrazioni per il Giorno della Memoria abbiamo letto sulla stampa che il Museo avrebbe deciso di chiudere lo spazio dedicato all'Italia. Questo è vero? E che cosa ha spinto la direzione a prendere questa decisione?


"Lo spazio espositivo è stato chiuso dal giugno 2011 perché purtroppo sono fallite le trattative, in corso già da molti anni,  che dovevano condurre a un sostanziale cambiamento della mostra,  giudicata profondamente non educativa e non corrispondente agli standard che invece rispettano tutte le altre esposizioni nazionali. Questi standard  sono stati indicati negli anni novanta dal Museo e dal Consiglio Internazionale di Oswiecim".


Quando sono stati istituiti gli spazi dedicati alle varie nazioni e con quali finalità? È stata una scelta del museo di far aprire questi spazi, condivisa dalle varie nazioni coinvolte? Come hanno reagito le autorità dei vari Paesi?


"La maggior parte degli spazi è stata istituita negli ultimi dieci anni. A seconda dei casi sono stati realizzati da un’istituzione o da un consorzio indicati dai governi dei singoli stati. Il Museo e il Consiglio Internazionale di Oswiecim devono approvare ogni mostra".


Sono i governi nazionali a gestirli, o associazioni indipendenti, o entrambi in sinergia tra di loro? Quale coinvolgimento hanno espresso le autorità italiane, anche in confronto con quello delle altre nazioni?
 
"Partner del Museo sono i governi nazionali o un loro rappresentante. La situazione italiana era un’eccezione, poichè proprietario della mostra era un'organizzazione senza nessuna delega da parte delle autorità competenti. Il governo italiano, vedendo che l’esposizione non era adeguata a tutto il complesso delle altre mostre, ha cercato di introdurre dei cambiamenti, ma l’organizzatore della mostra si è opposto. Quindi è stata necessaria una decisione del Museo per risolvere definitivamente il conflitto". 


Ci sono differenze sostanziali tra lo spazio gestito dall'Italia e quello delle altre nazioni? Di che si tratta?
 
"Sì, ci sono delle differenze sostanziali tra lo spazio italiano e quelli delle altre nazioni ed è questo il motivo che ha portato alla chiusura della spazio dell'Italia. Ogni esposizione ha un carattere storico - narrativo ed è uno strumento pedagogico. Solo l’esposizione italiana era un’opera d’arte poco leggibile. Auschwitz-Birkenau non è una galleria d’arte e noi non facciamo mostre di questo genere".


I visitatori del campo e del museo, soprattutto i giovani, come accolgono la presenza di questi spazi? Li apprezzano, se ne interessano, ne sono coinvolti?


"In generale i gruppi che vengono qui dalle diverse nazioni si interessano al proprio spazio nazionale. Molto dipende dagli educatori che accompagnano i gruppi e dagli organizzatori dei viaggi".


Che cosa propone la direzione del Museo per risolvere la situazione con l'Italia? Vuole dire qualcosa ai giovani italiani che programmano ogni anno le visite ad Auschwitz insieme ai loro insegnanti, a pochi giorni dall'anniversario della liberazione del campo, che in Italia sarà commemorato  con iniziative in ogni città, in ogni scuola?


"Adesso stiamo aspettando che l’organizzatore della vecchia esposizione ritiri quanto ha lasciato qui e che il governo italiano indichi un interlocutore con cui discutere una nuova esposizione che rispetti i criteri degli spazi nazionali nel Luogo della Memoria. Per questo siamo in contatto con l’Ambasciatore d’Italia a Varsavia".
 
Cosa pensa della proposta di Gariwo di istituire una giornata europea dedicata ai Giusti contro entrambi i totalitarismi e contro tutti i genocidi, che sarà discussa al Parlamento di Strasburgo e che vede coinvolti anche i deputati polacchi? Il Museo potrebbe aderire a questa proposta? 


"Gli ambiti del nostro lavoro sono la Seconda Guerra Mondiale e l’Olocausto. Ma è necessario fare memoria delle figure eroiche dei Giusti, soprattutto in quelle zone in cui nascondere gli Ebrei era un gesto punito con la morte di tutta la famiglia, e ci fa riflettere sulla nostra responsabilità personale per l’immagine del mondo di oggi e di domani".


Si ringrazia Annalia Guglielmi per aver realizzato l'intervista e averla tradotta dal polacco.

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