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​“Gli ebrei onorino i Giusti”

intervista a Konstanty Gebert

La Polonia ha una storia drammatica, legata a eventi cruciali come lo stalinismo e soprattutto la Shoah, ed è purtroppo ancora relativamente poco conosciuta anche a causa dell'alone di pregiudizi che la circonda, particolarmente in certi ambienti intellettuali. 

Con questa intervista di Annalia Guglielmi al reporter e attivista ebreo polacco Konstanty Gebert, abbiamo approfondito tre recenti eventi a nostro giudizio significativi che vi hanno avuto luogo. Per prima cosa, il goffo tentativo delle Ferrovie Polacche di alienare parti dell'ex lager di Belzec. Si tratta di un sacrilegio o di un problema di mancanza dei fondi per restaurare quella che peraltro era solo la casa del comandante del campo, un criminale dice Gebert, gestito senza troppa sensibilità? 

Oltre a dare risposta a questo quesito, il giornalista ha risposto a domande sulla recente vittoria elettorale del nazionalista Andrzej Duda, autore di alcune gaffe con la comunità ebraica come quella per cui i beni che furono sottratti agli ebrei durante la Shoah e sotto il comunismo non andrebbero "restituiti", ma si dovrebbe cercare di "compensare" i legittimi proprietari. 

Infine si è parlato del monumento per i Giusti che si progetta di costruire nel centro di Varsavia, secondo alcuni una questione troppo legata all'ebraismo, secondo altri una scusa per le canaglie per sostenere una tesi acritica dello "assoluto eroismo" dei polacchi nel nazismo, tesi che non potrebbe essere accolta per nessun popolo europeo, in realtà. Gebert come sempre ci ha fornito un punto di vista peculiare, una proposta di analisi convincente, che vi presentiamo di seguito.  

Qualche tempo fa era stata lanciata lidea di mettere allasta alcune strutture dellex lager di Belzec, poi la proposta è rientrata. Che cosa pensa di simili interventi quando si tratta della Memoria delle vittime del genocidio nazista?

Innanzitutto occorre precisare che non si trattava delle strutture del campo di Belzec, ma di una sola struttura: la Kommandantur, cioè l'ex residenza del comandante del campo. Questa casa dopo la guerra è tornata al suo proprietario legittimo, le Ferrovie di Stato. Durante gli ultimi settant'anni è stata utilizzata come abitazione per gli impiegati delle Ferrovie. Progressivamente era andata in rovina e necessitava di un restauro, ma le Ferrovie non hanno il denaro necessario, quindi l'hanno messa all'asta dopo aver chiesto sia al Comune che al museo del lager di Majdanek, di cui il campo di Belzec era una filiale, se erano interessati a comprarla, ma né il Comune, né il museo hanno i soldi per l'acquisto, né, soprattutto, per la ristrutturazione, e per destinarla a qualche scopo legato alla memoria. Quindi le Ferrovie hanno deciso di metterla all'asta.

A questo punto sono cominciati i problemi, perché le Ferrovie si sono comportate come se si fosse trattato di una casa qualunque. Il problema è che era una casa qualunque, certo, con una storia drammatica alle spalle, ma quello che è rimasto di questa casa ridotta ormai a un rudere erano le mura dove era vissuto un criminale, che era stato a capo di quel campo di sterminio.

Ovviamente io capisco e condivido l'emozione che ciò ha suscitato, però non vedo nell'iniziativa delle Ferrovie una cattiva volontà, a parte la mancanza di consapevolezza dell'impatto che questo gesto avrebbe avuto. Inoltre, è legittimo chiedersi se la casa in cui ha abitato un criminale sia da salvaguardare in quanto monumento. Il problema vero è che lì, a parte il fatto che è la casa di un criminale, non c'è niente che abbia un valore storico o spirituale. Non mi è così evidente, ma forse sbaglio, che le case dove hanno vissuto i criminali debbano essere salvaguardate come monumenti storici. Dopo i tentativi di vendere la casa al Comune e al museo, le Ferrovie di Stato Polacche avrebbero potuto rivolgersi all'autorità nazionale per la preservazione dei luoghi del martirio, esponendo loro il problema e chiedendo che cosa fare per non offendere la sensibilità altrui. Se si fosse trattato di una qualsiasi altra struttura del campo sarebbe stata un'altra cosa, ma di quel campo non è rimasto niente.

Questa iniziativa, che vista dall'esterno sembrava un sacrilegio, di fatto è solo una storia di ordinaria amministrazione in un Paese abbastanza povero, ma ricco di monumenti di un passato recente orribile, che però non vanno trattati tutti allo stesso modo. Dobbiamo ricordare che in questi ultimi vent'anni in Polonia si è fatto veramente moltissimo per preservare i siti storici legati alla Shoah o agli Ebrei.

Per capirsi, la Kommandantur del campo di Birkenau oggi è una chiesa. Quando si arriva a Birkenau si vede una croce: è la croce posta sulla torre della casa che era la Kommandantur e questo può comprensibilmente creare dei problemi, però la Kommandantur è situata fuori dal perimetro del campo, quindi dal punto di vista della Halakhah[1] non si trova sul cimitero dove è vietato esporre simboli religiosi; che disti venti metri o venti chilometri per la legge non cambia nulla. Capisco che ci sono visitatori ebrei a cui dà fastidio vedere questa croce sullo sfondo del campo, però siamo in un Paese cristiano e non c'è da stupirsi che in Polonia si vedono delle croci. Si vedono molte più croci a Gerusalemme. Quindi è soprattutto una questione di sensibilità. Non si tratta di negare la croce o di nasconderla, ma di trovare un compromesso tra le diverse sensibilità legittime degli uni e degli altri.

Quando ho letto per la prima volta il comunicato sulla questione di Belzec, non mi sono scandalizzato. Avevano un problema economico, avevano il problema di una casa semi diroccata che non serviva più e volevano venderla, tutto qua, e non si sono resi conto dell'offesa che potevano arrecare alla sensibilità di altre persone. 

Forse servirebbe un'autorità europea per gestire la memoria della guerra e della Shoah, non nel senso di un’autorità decisionale, ma di un’autorità che stabilisca delle regole: le case dei criminali vanno preservate? Non so. Le case dove hanno vissuto i prigionieri certamente sì, ma le case dei criminali?

L'elezione del nuovo presidente della repubblica, Andrzej Duda, avrà qualche influenza sui rapporti con la comunità ebraica?

Spero di no. Siamo in un sistema democratico, e tutti i cambiamenti, anche molto radicali, del potere politico sono un fatto normale. Inoltre, tutte le classi politiche polacche concordano sulla necessità di garantire buone relazioni con tutte le religioni, e soprattutto con gli Ebrei per motivi di memoria storica.

Il partito del presidente eletto, il PIS (Legge e Giustizia), è il partito del presidente Kaczyński morto nella catastrofe di Smoleńsk che ha giocato un ruolo di primo piano per la costruzione del Museo degli Ebrei Polacchi e nel sostenere la necessità per l’interesse nazionale polacco di avere dei buoni rapporti con la comunità ebraica. Quindi, in via di principio non c'è nemmeno ragione di porsi la domanda.

Però, il nuovo presidente ha fatto parecchie dichiarazioni che dovrebbe chiarire. In un dibattito con il Presidente uscente, l'allora candidato Duda aveva criticato Komorowski perché aveva inviato un messaggio in occasione delle cerimonie per il massacro di Jedwabne durante la seconda guerra mondiale, quando alcuni Polacchi uccisero un gruppo di Ebrei. Nel suo messaggio, Komorowski aveva scritto che il popolo delle vittime deve accettare il fatto di essere stato talvolta anche il popolo dei carnefici. Duda ha detto che con questo genere di dichiarazione si rafforza una visione falsa della storia polacca, per cui c'è chi parla di campi di sterminio polacchi, etc.. Komorowski ha risposto con grande dignità dicendo che lui si rifaceva all'insegnamento dei vescovi e ha alluso alla famosa lettera dei vescovi polacchi si vescovi tedeschi del 1966 nella quale i ministri del culto polacchi avevano scritto, parlando della Seconda Guerra Mondiale: "Perdoniamo e chiediamo perdono". Visto che il candidato Duda faceva la campagna elettorale sotto il segno della croce, non poteva entrare in polemica con i vescovi, però non ha mai smentito le sue parole, o non ha mai detto, come dicono sempre i politici, che erano state mal interpretate. E questo mi sorprende perché non vedo un interesse elettorale per non prendere le distanze dalle proprie parole. La destra, anche quella antisemita, avrebbe comunque votato Duda e non Komorowski, e quindi non avrebbe perso voti. Quindi, bisogna ammettere la possibilità che lui creda veramente che quello di Komorowski sia stato un errore e che non c'è nessuna ragione per cui la Polonia debba chiedere perdono per i crimini commessi dai Polacchi. Se questo è vero, e questo “se” è un “se” immenso, sarebbe un segnale veramente pericoloso. Bisogna aspettare altre dichiarazioni.

Ci sono state anche alcune altre affermazioni ambigue: ad un certo punto ha detto che non ci sarà alcun risarcimento per gli Ebrei. Se capisco bene lui si riferiva alla questione della restituzione delle proprietà private confiscate prima dai nazisti poi dai comunisti, tra cui le proprietà dei cittadini polacchi di religione, o etnia, ebrea, che non sono state mai restituite, e non esiste nessuna legge sulle restituzioni. Però non è un problema tra Polacchi e Ebrei. Gli Ebrei erano proprietari di circa il 18% di tutte le proprietà confiscate e che dovrebbero essere restituite, ma una certa propaganda antisemita cerca di convincere l’opinione pubblica che non si tratta di una restituzione di beni che furono oggetto di appropriazione fraudolenta, ma di un problema di compensazione per gli Ebrei. Se il presidente eletto utilizza questo linguaggio è pericoloso. Tutti i parlamenti polacchi dall' ‘89 in poi hanno provato ad affrontare la questione e tutti hanno fallito, perché non c’è un sostegno dalla base, non c'è un elettorato che appoggi questa operazione. A parte una piccola minoranza, la maggioranza dei Polacchi non vuole finanziare la restituzione delle proprietà: ammette in astratto che si è trattato di un sopruso, però non vuole che i suoi soldi vadano a riparare quest'ingiustizia. E immagino che il professore di Legge Andrzej Duda lo sappia molto bene. Parlare dì compensazione, e non di restituzione, per gli Ebrei e non per tutti i cittadini a cui sono state confiscate le proprietà è una scelta di parole che, per essere molto buoni, io definirei molto sfortunata.

Ma c'è anche un problema più profondo: Duda ha fatto delle promesse economiche "estreme", che se venissero realizzate costerebbero 300 miliardi di zloty, cioè il budget annuale dello stato. Anche se queste spese venissero spalmate su tutti i cinque anni della sua presidenza e anche se si mettessero a stampare soldi non potrebbe mantenerle. Però dovrà dare qualcosa al suo elettorato. E Duda, che parla spesso del dovere di ristabilire la vera e storia polacca, potrebbe avere la tentazione di dare al suo elettorato almeno la sensazione simbolica che i Polacchi sono degli eroi puri. Questo significherebbe il ritorno a una politica della memoria che sembrava ormai sconfitta - una sconfitta che aveva fatto bene a tutti. Ciò è quello che io temo, però bisogna dare al nuovo presidente il tempo perché si verifichino, o, speriamo, non si verifichino queste paure.

In questo momento a che punto siamo con le decisioni sul monumento dedicato ai Giusti? È vero che è stato indetto un nuovo concorso?

No, non c'è nessun nuovo concorso. In questo momento stiamo negoziando alcune modifiche con gli autori del progetto vincente e fra qualche settimana potremo dire di più.

In Polonia è molto sentito il dibattito sul monumento ai Giusti? Se ne parla?

Era molto sentito in primavera, mentre si svolgeva il concorso.
Il progetto è stato duramente criticato da una parte dell'opinione pubblica ebraica che sosteneva che il monumento servirà da alibi alle canaglie. Il che è vero. Ma è irrilevante rispetto al tema fondamentale. Il fatto che delle canaglie vorranno utilizzare il progetto come prova dell'innocenza polacca non è un motivo sufficiente per non onorare quegli eroi.
A questo proposito io ho un sentimento che definirei viscerale. Sono convinto che abbiamo un debito verso di loro e io voglio vedere un punto pubblico nel quale si affermi il bene che hanno fatto i Giusti.
Ci sono villaggi in Polonia dove i figli dei figli dei Giusti vengono ostracizzati perché i loro nonni hanno aiutato il nemico, cioè gli Ebrei.
Che ci sia almeno un punto in Polonia dove la verità sia detta e sia detta da noi Ebrei.

Un altro argomento contro il monumento è la necessità di costruire un monumento dedicato agli Ebrei trucidati e traditi dai Polacchi durante la guerra. Anche questo è vero, però non siamo noi Ebrei a doverlo costruire. Noi dobbiamo costruire un monumento agli eroi che ci hanno salvati. Che altri pensino a commemorare le vittime dei traditori.

Un terzo argomento è che c'è già un altro monumento che sarà eretto in piazza Grzybowski con fondi municipali. Alcuni critici ebrei del nostro progetto ritengono che non ci sia bisogno di un altro monumento, visto che ne è già previsto uno. Secondo me questa tesi è in evidente contraddizione con la prima obiezione, ma non è un problema mio.

Abbiamo partecipato al dibattito e abbiamo provato a spiegare il progetto che tra l’altro viene criticato anche da ambienti non Ebrei: "ancora una cosa di Ebrei per Ebrei! A cosa serve? Che se lo facciano a Tel Aviv se lo vogliono, ma non a casa nostra!". Se vengo criticato da due posizioni estreme può significare che sono sulla strada giusta.
Altri hanno detto che ci sono già troppi monumenti intorno al museo. Questo è un argomento legittimo. Se ci fosse una campagna per eliminare tutti i monumenti da questa piazza, io sarei a favore, ma se lì c'è spazio per un monumento a Willy Brandt, non capisco perché non ci sia spazio anche per un monumento agli eroi polacchi.
Un complesso di monumenti dice molte cose non soltanto con le presenze, ma anche con le assenze.
Se non vogliamo onorarli diciamo qualcosa che io non voglio che sia detta e che non condivido e cioè che non serve onorarli.
Con il tempo il livello emotivo di tutte queste critiche è andato diminuendo. Ma uno dei nostri scopi era di rendere di nuovo pubblica e presente la vicenda dei Giusti che spesso è strumentalizzata, ma che il più delle volte è dimenticata. In questo senso, paradossalmente ci siamo riusciti anche troppo bene.

[1] Halakhah, è la tradizione "normativa" religiosa dell'Ebraismo, codificata in un corpo di Scritture e include la legge biblica (le 613 mitzvòt) e successive leggi talmudiche e rabbiniche, come anche tradizioni e usanze.

Annalia Guglielmi, esperta di Polonia ed Europa dell'Est

13 luglio 2015

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