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Ajax Amsterdam, la squadra del ghetto

di Giacomo Corbellini

L’Ajax Amsterdam è una delle squadre più storiche, iconiche e vincenti della storia del calcio europeo. Dall’anno della sua fondazione, avvenuta nel marzo del 1900, la squadra della capitale olandese si è infatti distinta per aver collezionato numerosi successi, sia a livello nazionale che internazionale, divenendo ben presto una realtà sportiva di prim’ordine. Chi - tra gli appassionati di sport - non ha mai sentito parlare di Johan Cruijff, del grande Ajax del calcio totale o delle quattro Coppe dei Campioni vinte dai Lancieri? Sono in pochi, invece, ad essere a conoscenza del legame indissolubile che sussiste tra l’Ajax e il quartiere nel quale - più di un secolo fa - i biancorossi hanno iniziato la propria storia ricca di successi, lo Jodenbuurt di Amsterdam.

L’Olanda è da sempre nota come la patria della tolleranza e dell’accoglienza e la sua capitale non fa certo eccezione. Si noti, ad esempio, come già dal Seicento numerosi individui di fede ebraica avessero deciso di raggiungere Amsterdam con lo scopo di fuggire dalle persecuzioni religiose intentate nei loro confronti in diverse parti d’Europa. Il numero di ebrei in Olanda crebbe, inoltre, in maniera considerevole tra l’inizio del XIX secolo e lo scoppio della Seconda guerra mondiale, quando la piaga dell’Olocausto mutò inesorabilmente il rapporto tra l’Olanda e l’ebraismo. Prima dello scoppio della guerra vivevano in Olanda più di 100 mila ebrei, di cui molti nella capitale Amsterdam, nota al tempo come “la Gerusalemme occidentale”, visto che circa il 13% della popolazione era di fede ebraica. Molti di essi erano tifosi dell’Ajax, la principale squadra del quartiere ebraico, e diversi militavano nel club come calciatori o soci. Tra loro figurava anche Eddy Hamel, cittadino americano di religione ebraica che venne deportato a Birkenau nell’aprile 1943, dove morì insieme ad altre migliaia di ebrei olandesi. Solo 5 mila tra gli oltre 100 mila ebrei olandesi poterono, infatti, far ritorno dai campi di detenzione.

Come riportato da Giovanni A. Cerutti in "La svastica allo stadio" (Editrice A, 2014), il legame tra l’Ajax e il quartiere in cui aveva visto i propri natali, lo Jodenbuurt, si fece solido proprio in quel periodo così nefasto per la storia dell’umanità intera; il regime collaborazionista insediato in Olanda, guidato dal fanatico antisemita austriaco Seyss-Inquart - il quale era stato nominato Reichskommissar dei Paesi Bassi dallo stesso Hitler - aveva infatti designato il quartiere, nel quale viveva da tempo la folta minoranza ebraica di Amsterdam, come ghetto cittadino, delimitandolo con del filo spinato ed iniziando poco dopo le deportazioni e i rastrellamenti dei suoi abitanti. I soci ebrei dell’Ajax erano stati già allontanati dal club nel 1941, in ottemperanza alle disposizioni del regime occupante. Nonostante il club vantasse ai tempi la più alta percentuale di iscritti di origine ebraica, non tutti denunciarono i crimini del regime di Seyss-Inquart con la stessa veemenza. Joop Pelsen, ad esempio, che era stato il capitano della squadra alla fine degli anni dieci, era iscritto al partito nazionalsocialista olandese e i suo figlio Jan si era orgogliosamente arruolato come volontario nelle Waffen SS, finendo a combattere sul fronte orientale. Foeke Kermer, allenatore delle giovanili, aveva catturato in una cittadina olandese cinquanta ebrei latitanti, fornendo in seguito servizio come sorvegliante nei campi di concentramento, nei quali era noto per la durezza delle torture che era solito somministrare ai prigionieri.

Di contro, continua Cerutti, si segnala come Kuki Krol - padre del più celebre figlio Ruud, campione olandese con un passato calcistico in Italia - e Leo Horn, compagni di squadra all’Ajax, avessero deciso di arruolarsi tra le fila della Resistenza olandese, nella quale militarono fino alla liberazione del Paese, avvenuta nel maggio del 1945. La lotta partigiana segnò in modo particolare i due amici, i quali non riuscirono mai a lasciarsi alle spalle le sofferenze della guerra, così come raccontato da Kuki Krol a Simon Kuper, autore di “Ajax, the Dutch, the War”, il principale volume edito con lo scopo di raccontare il profondo legame che sussiste tra Ajax ed ebraismo. Nel corso della guerra, Krol e Horn assistettero con forza le azioni della Resistenza mediante diverse azioni di militanza attiva, come l’elargizione di aiuti agli ebrei fuggiaschi perseguitati dal regime di Seyss-Inquart o l’approvvigionamento di provviste e vestiti per la popolazione durante l’Hongerwinter, il terribile inverno di guerra che fece più di un migliaio di vittime, per fame e per freddo, nella sola Amsterdam.

Dopo la guerra, i ragazzi delle poche famiglie di fede ebraica sopravvissute all’Olocausto cominciarono a bussare alle porte dell’Ajax, l’unica società sportiva del ghetto che aveva potuto continuare a promuovere attività calcistiche. Tra di essi figurava Sjaak Swart - noto in seguito al grande pubblico con l’appellativo di “Mr Ajax”, viste le quasi 600 partite ufficiali giocate nel club - e Bennie Muller, poi capitano del club e della Nazionale olandese. Oltre a loro, contribuirono a rendere ancor più profonda l’identificazione tra l’Ajax e l’ebraismo un gruppo di imprenditori di fede ebraica che rilevò il club negli anni Cinquanta, portandolo nei due decenni successivi ad ottenere numerosi successi sportivi nazionali ed internazionali.

Un altro tassello della storia, che collega Krol e Horn a vicende temporalmente successive, è stato scritto in Argentina nel 1978, durante i discussi mondiali di calcio organizzati dal regime militare di Videla, tristemente noto per i soprusi con i quali aveva ottenuto il potere e la violenza con cui l’ha esercitato, violando cioè i Diritti umani e gettando nell’oblio centinaia di migliaia di dissidenti, i cosiddetti desaparecidos. Come raccontato da Cerutti, in quell’occasione era stato designato dalla FIFA, pochi giorni prima della finale Argentina-Olanda, l’arbitro israeliano Abraham Klein, ex profugo di religione ebraica di origini ungheresi e rumene, che era stato ospitato e nascosto proprio in Olanda durante la Seconda guerra mondiale.

Nonostante non sussistesse, ovviamente, legame alcuno tra la Federazione olandese e l’arbitro Klein, i colonnelli argentini - che invece nel corso del mondiale si erano effettivamente macchiati (in occasione di Argentina-Perù) di confermate truffe - spinsero a tal punto per la revoca della sua designazione da riuscire infine ad ottenerla. La FIFA scelse quindi l’italiano Sergio Gonella per dirigere l’incontro. Sussisteva invece, ad onor del vero, un profondo legame di stima e amicizia tra Leo Horn, partigiano olandese con un passato all’Ajax e rinomato arbitro internazionale, e Abraham Klein, con il primo che era solito raggiungere Israele per visitare e trascorrere del tempo con l’amico e collega.

In conclusione, è interessante notare come vi sia stato - e continui ad esserci - un profondo collegamento tra l’ebraismo e l’Ajax Amsterdam, società calcistica che per gli ebrei olandesi è divenuto un vero e proprio punto di riferimento. Ancora oggi, infatti, i tifosi dell’Ajax espongono con orgoglio bandiere con la stella di David e intonano canti ebraici durante le partite come risposta alle crescenti manifestazioni di antisemitismo profuse da altre tifoserie olandesi ed europee. Il legame ultracentenario che vincola indissolubilmente la storia e i destini degli ebrei olandesi e dell’Ajax, la squadra del ghetto, persiste ancora oggi con grande veemenza, nel ricordo di tutti coloro i quali sono stati deportati, torturati e vilmente assassinati nei campi di concentramento nazisti durante la Seconda guerra mondiale, così come di chi - Kuki Krol e Leo Horn in primis - ha combattuto con coraggio e giustezza il vile regime collaborazionista di Seyss-Inquart.

Giacomo Corbellini, Redazione Gariwo

31 maggio 2023

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