Chen Guangcheng è finalmente arrivato a New York, con la moglie e ai due figli, mettendo fine a una battaglia diplomatica durata settimane tra Cina e Stati Uniti. È stato accolta da un gruppo di studenti, politici e dissidenti in esilio.
L'uomo, che ha lottato per l'abolizione degli aborti forzati e aveva suscitato l'attenzione dei media e degli Stati Uniti fuggendo dagli arresti domiciliari per rifugiarsi all'interno dell'ambasciata americana a Pechino, che ha lasciato per essere ricoverato in ospedale dopo che gli è stata garantita la possibilità di espatriare in Usa.
In una conferenza stampa il dissidente ha dichiarato: "Sono molto grato per l'assistenza che mi ha fornito l'ambasciata americana e anche per la promessa, da parte del governo cinese, di proteggere i miei diritti di cittadino sul lungo periodo. Credo che le loro promesse siano sincere, che non mi stiano mentendo". Però l'uomo non ha nascosto la preoccupazione per la sua famiglia rimasta in Cina.
LA FAMIGLIA DI CHEN È PERSEGUITATA
Secondo AsiaNews infatti il nipote Chen Kegui è in arresto, accusato di omicidio. Dopo la fuga dello zio, un gruppo di uomini armati ha attaccato la sua casa e il giovane, per difendersi, li ha affrontati con un coltello da cucina. Nell'aggressione però non è morto nessuno e le autorità stanno impedendo con la violenza agli avvocati di parlare con il giovane.
Il fratello maggiore, Chen Guangfu, è stato torturato e picchiato a fine aprile, dopo la fuga dell'attivista cieco dagli arresti domiciliari. Secondo il Chinese Human Rights Defender, che cita fonti anonime, i funzionari locali dello Shandong hanno picchiato Chen Guangfu sulle mani con una cintura di cuoio, lo hanno colpito alle costole e calpestato con forza durante un interrogatorio durato diverse ore. Al momento è fuori dal suo villaggio, trattenuto dalle autorità.