Alexander Yefymovych Rodnyansky è un regista e produttore cinematografico e televisivo ucraino pluripremiato e per due volte candidato agli Oscar, nonché padre dell'omonimo Alexander, consigliere strategico del presidente Volodymyr Zelens'kyj. A margine del dibattito sul dialogo tra società civile ucraina e dissidenti russi, vi proponiamo questo articolo firmato da Rodnyansky e pubblicato dal Financial Times il 23 marzo 2022. Il punto di vista di Rodnyansky è quello di un intellettuale ucraino che ha lavorato per tanti anni in Russia e che, poco dopo l'inizio dell'invasione dell'Ucraina, è stato definito persona non grata dal ministro della difesa russo Sergei Shoigu, che ha chiesto che le sue opere venissero escluse "dall'agenda culturale della Federazione russa".
Un secolo fa la prima delle “navi dei filosofi” salpò dall'Unione sovietica alla Germania, trasportando intellettuali russi che si rifiutavano di accettare il dominio sovietico. Tra i passeggeri c’erano i teologi Nikolai Berdyaev e Sergei Bulgakov, il critico Yuly Aikhenvald, il sociologo Pitirim Sorokin e molti altri. Oggi vi sono, invece, le navi da guerra cariche di missili che la Russia sta inviando a Occidente.
Il mondo sta guardando le atrocità che la Russia commette in Ucraina: l’assedio e la distruzione di città, l’uccisione di civili innocenti e la fuga di milioni di rifugiati. Ho vissuto personalmente gli orrori. L’ultimo giorno di guerra, i miei amici hanno trasportato mia suocera di 81 anni da Kiev all’Ucraina occidentale. Una granata russa ha fatto un buco nel muro dell’appartamento di mia zia di 84 anni, a Charkiv. Per sfuggire al freddo pungente dell’inverno, ella doveva nascondersi nella dispensa, l’unico posto in cui potesse riscaldarsi. Dopo due settimane è stata portata a Bucarest attraverso un corridoio umanitario. Mio figlio, consigliere dell’ufficio del presidente Volodymyr Zelensky, è stato inviato in missione in Europa e ha lasciato Kiev pochi giorni fa.
Tuttavia, per quanto strano possa sembrare, il futuro della Russia sembra per molti versi più orribile di quello dell’Ucraina, che credo uscirà vittoriosa dalla guerra. Questa cultura, un tempo grande, sta sprofondando in un abisso di oscurità, aggressività e brutalità. Eventi recenti hanno dimostrato che mentre il regime di Vladimir Putin non è riuscito a costruire un esercito efficace, esso è riuscito a creare una realtà fittizia perfettamente funzionante per i suoi elettori.
Questa macchina della propaganda di stato è incredibilmente efficace. Quando uno spettatore americano incontra un’opinione con la quale non si trova d’accordo su Fox News, può sempre passare alla CNN. In Russia, gli spettatori potranno solo sentirsi dire, invece, che "non c’è guerra", ma solo una limitata “operazione speciale”. Se cambiano canale impareranno che “gli ucraini ci stanno bombardando”. Se cambiano di nuovo, il presentatore insisterà, sostenendo che l’Ucraina è difesa da “bande di nazisti sotto il comando di un tossicodipendente, che usa la popolazione civile come scudi umani”.
Questo mese, un gruppo di sociologi indipendenti e analisti di dati ha pubblicato uno studio intitolato “I russi vogliono la guerra"? Esso ha rilevato come il 9% degli intervistati, tra coloro i quali sostengono l’“operazione speciale”, tenda a nutrire maggiore fiducia nelle agenzie di stampa ufficiali; coloro i quali, invece, si oppongono categoricamente alla guerra non si fidano, per l'85 per cento, di alcuna informazione fatta loro pervenire da parte dei media statali.
È proprio quest’ultimo gruppo ad aver bisogno di protezione adesso. Ho trascorso 20 anni a Mosca e in quel periodo ho prodotto film di registi russi che si sforzavano di raccontare la verità sul loro paese. Nessuno di loro tace adesso. Protestano tutti, ad alta voce e pubblicamente, mettendo a rischio la propria libertà e i propri averi. Il regista ucraino Sergei Loznitsa lo ha specificato meglio: “Quando sento chiedere a gran voce la necessità di azioni per vietare i film russi, il mio ricordo va ai miei amici russi, i quali sono persone perbene e degne. Sono anche loro le vittime di questa aggressione... Non puoi giudicare le persone dai loro passaporti. Puoi giudicarle solo dalle loro azioni".
Eppure l’isolamento della Russia dai sistemi informativi, economici e finanziari del mondo, trasforma i suoi cittadini in emarginati globali. Per questo le sanzioni occidentali non dovrebbero mirare solo a punire i responsabili della guerra, ma dovrebbero bensì proteggere i russi che lottano per il cambiamento nel loro paese. Durante la guerra fredda, mentre l’Occidente combatteva contro il regime sovietico, esso fece anche uno sforzo consapevole per aiutare i dissidenti all’interno dell’URSS e per fornire loro un’alternativa alla propaganda di stato.
Bandire gli scienziati russi dalle conferenze internazionali, le esibizioni di Čajkovskij dalle orchestre o i film russi indipendenti dai principali festival significa compiere dei passi indietro verso l’abisso. Le sofferenze dell’Ucraina devono essere interrotte a tutti i costi ma, mentre l’occidente fa la guerra alla tirannia del presente, esso non deve distruggere la possibilità di un futuro pacifico. Mentre prende di mira la nave da guerra, esso deve fare attenzione a non affondare le metaforiche navi dei filosofi dei nostri tempi.
Alexander Rodnyansky