Haska Shyyan è una scrittrice, traduttrice, blogger e fotografa ucraina. Nata a Lviv nel 1980, si è laureata in Filologia classica presso l'ateneo della città, debuttando poi come autrice con "Hunt, Doctor Hunt!". Il suo secondo romanzo, "Behind Their Backs", ha ottenuto il premio letterario dell'Unione europea nel 2019, consentendo ad Haska di divenire la prima autrice ucraina a potersi fregiare di un tale riconoscimento. Il romanzo è stato anche inserito nella lista dei 100 volumi più influenti nella storia della Letteratura ucraina. Haska partecipa attivamente alla promozione della letteratura ucraina e sostiene la decolonizzazione e il disimpegno nell’arte ucraina. Vi proponiamo di seguito una sua recente analisi in merito alla cosiddetta "operazione culturale speciale russa" - citata per la prima volta da Mikhail Piotrovsky, direttore del Museo dell'Ermitage di San Pietroburgo - e alle modalità mediante le quali la Russia ha esercitato la propria influenza in campo letterario e creativo per decenni. La traduzione del testo è a cura di Michele Negro, Forzaucraina.it.
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"La nostra esportazione culturale (russa) è più importante dell’importazione culturale...E le nostre ultime mostre all’estero sono solo una potente offensiva culturale. Una sorta di “operazione speciale”, se vogliamo".
Questa è una citazione diretta di Mikhail Piotrovsky, direttore del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. In un’intervista, che può essere letta in russo e in inglese, Piotrovsky afferma chiaramente di vedere la presenza culturale della Russia all’estero come uno strumento di dominazione culturale. Le mostre d’arte russe a Parigi sono metaforicamente descritte come “la bandiera russa che sventola sul Bois de Boulogne”.
Questa retorica e questo atteggiamento da parte russa non sono una novità. È stata ampiamente presente nelle politiche governative, negli atteggiamenti individuali e nella letteratura e nell’arte russa per secoli. Allo stesso tempo, è stata abilmente combinata con le narrazioni dell’arte "fuori dalla politica” e della “bellezza che salva il mondo dalla crudeltà". Tuttavia, per molto tempo, la cultura russa è stata strumentalizzata e trasformata in uno strumento imperialistico che alimentava la supremazia della Russia sulle nazioni ed etnie vittime delle sue ambizioni coloniali. I poeti russi più noti, come Lermontov e Pushkin, hanno costruito in modo abile e convincente una prospettiva imperiale, colonialista e russa sul Caucaso e sull’Ucraina. Se si presta anche solo un po’ di attenzione a questo aspetto, i più grandi esempi di letteratura russa appaiono improvvisamente pieni di discorsi imperialisti, di conquista romantica, di crudeltà e di silenzio sulle conseguenze.
Diamo un’occhiata alle strategie che la Russia ha utilizzato nel campo intellettuale e creativo per anni, decenni e secoli.
1. Assorbire
Una delle regole principali per avere successo in una carriera intellettuale o artistica nell’impero russo in qualsiasi momento, compresa l’epoca sovietica, era quella di integrarsi nell’ambiente intellettuale, accademico, professionale e artistico russo. Tutte le altre culture nazionali erano ridotte all’etnografia e il loro sviluppo era bloccato da un soffitto di vetro. Questo ha portato a una discutibile appartenenza di alcuni artisti. Essi studiavano e lavoravano nell’Impero russo e, anche se la loro identità nazionale era importante per loro, molto spesso si dissolveva nel contesto dominante delle narrazioni e della lingua russa. La politica di deportazione dell’Impero russo rendeva ancora più confusa la definizione di qualsiasi identità nazionale. Un dettaglio importante da tenere a mente: i passaporti sovietici includevano la categoria “nazionalità“, che era una “libera scelta” quando i cittadini sovietici ricevevano il loro primo documento ufficiale all’età di 16 anni. Ciò significava che un figlio di una coppia, ad esempio, buryat-armena poteva diventare russo. Scelte di questo tipo non erano rare. Essere “ebrei di passaporto” creava barriere nelle carriere future e per chiunque appartenesse alle famiglie dei “nazionalisti ucraini” era problematico entrare nelle università. Sebbene l’URSS fosse pubblicizzata come una comunità egualitaria di persone libere e fraterne, in realtà la Russia era la nazione titolare. La conseguenza è stata la percezione sovietico = russo. Inoltre, tutti gli studi slavi a livello mondiale erano molto incentrati sul russo, con poca o nessuna attenzione alle altre lingue slave. La letteratura russa veniva tradotta e promossa, mentre il bielorusso e l’ucraino erano emarginati e visti come parte del cosiddetto spazio panslavo. Non sorprende quindi che ciò abbia portato alla tendenza ad associare la cultura slava principalmente al russo, soprattutto al di fuori dell’Europa. Uno degli esempi più brillanti di questa errata interpretazione è l’“Avanguardia russa”, che comprende nomi come Kazemir Malevich. La descrizione dell’origine del famoso artista è stata ora modificata da molti musei e modificata da “russo” a “nato in Ucraina da genitori di origine polacca”. Anche una serie di pastelli di Edgar Degas è entrata a far parte di questo processo di revisione e nel 2023 è stata rinominata dal Metropolitan Museum da “Danzatrici russe” a “Danzatrici in abito ucraino” e dalla National Gallery in “Danzatrici ucraine”. Oggi è chiaro che definire l’appartenenza nazionale di artisti, in precedenza dichiarati russi, è molto più complesso del semplice luogo di nascita o della nazionalità dichiarata.
2. Silenziare ed eliminare
Sebbene il mimetismo e l’assimilazione fossero elementi necessari per il successo, non tutti erano disposti a tradire la propria identità nazionale e a rinunciare a contesti importanti del proprio lavoro creativo e della propria vita professionale. Pertanto, i responsabili politici russi di diverse epoche hanno dovuto cercare metodi più radicali per neutralizzare i più ostinati. Nel periodo compreso tra il XVII e il XX secolo, la politica statale russa in materia di lingue e letterature nazionali mirava in larga misura a cancellare gli “elementi minacciosi”. I divieti più severi, come la circolare Valuyev (1863) e l’Ems Ukaz (1876), vietavano la scrittura, la pubblicazione e l’istruzione nelle lingue nazionali con il rischio di essere perseguiti, arrestati e persino uccisi. Nei documenti ufficiali, la russificazione totale è dichiarata chiaramente come l’obiettivo dell’impero russo. Come risultato di questa russificazione forzata, non era raro essere presi di mira per aver parlato ucraino nelle grandi città. Un peggiorativo comune per l’ucraino, “la lingua dei vitelli”, lo indicava come una lingua per contadini. Uno degli esempi più drammatici dei tentativi di eliminare l’intellighenzia culturale nazionale è il “Rinascimento fucilato” che ebbe luogo in Ucraina fra il 1936 ed il 1937. Circa 200 poeti, scrittori e artisti di lingua ucraina degli anni Venti e Trenta furono imprigionati, torturati e, in molti casi, fucilati, accusati di “nazionalismo borghese ucraino”. Sebbene un gran numero di artisti fosse fedele alle idee del socialismo e del comunismo, furono comunque messi a tacere, poiché le forti voci ucraine potevano mettere in pericolo il dominio russo.
3. Marcare il territorio e imporre la cultura
Dopo aver preparato il terreno e liberato lo spazio dalle culture nazionali, è stato facile imporre la cultura russa come “la più grande”. In tutti i territori occupati, la lingua russa era obbligatoria nelle scuole e gli insegnanti di russo ricevevano un bonus sullo stipendio. Le tesi di dottorato in tutte le repubbliche sovietiche potevano essere scritte solo in russo e anche la maggior parte della letteratura professionale era disponibile solo in russo. La letteratura russa era una materia chiave separata nei programmi scolastici, mentre la letteratura mondiale non lo era. La storia era costruita e insegnata in modo incentrato sulla Russia. La traduzione di letteratura straniera nelle lingue nazionali era molto limitata e i film stranieri erano doppiati solo in russo. La cinematografia sovietica e i cartoni animati erano prevalentemente di lingua russa; gli eroi che rappresentavano altre nazionalità parlavano con accenti e di solito avevano ruoli sociali stereotipati. Dopo il crollo dell’URSS e fino al momento dell’invasione su larga scala dell’Ucraina, l’influenza dei media e dei contenuti russi è rimasta forte. Mosca era vista come il centro dello show biz e dell’industria dell’intrattenimento, dove si concentravano i grandi capitali e il vero successo. In questo contesto, strade intitolate ad artisti russi e monumenti a poeti russi in luoghi a cui non sono mai appartenuti non erano altro che la marcatura del territorio e l’imposizione della cultura e della lingua russa a tutti i cittadini sovietici. Le altre culture locali venivano descritte come “primitive”, “etniche” o “contadine” rispetto a quella, presumibilmente superiore, russa. Anni di tali politiche hanno prodotto un ampio spettro di risultati. Se guardiamo alla Bielorussia, dove la lingua bielorussa non è più parlata dalla maggioranza delle persone i cui nonni la parlavano come lingua madre, possiamo vedere quanto devastante possa essere l’effetto della russificazione forzata.
4. Raccontare la storia nel modo in cui serve
Con una forte macchina di propaganda, la Russia è sempre riuscita a distorcere la verità in modo orwelliano. Uno dei principali pretesti per l’inizio della guerra contro l’Ucraina nel 2014 e per l’invasione su larga scala nel 2022 era la protezione della “popolazione russa”. La definizione di “popolazione russa” era legata alla lingua parlata dalle persone, anche se la maggior parte dei russofoni in Ucraina si definiva ucraina ed era vittima di alcune generazioni della russificazione forzata descritta sopra. L’atteggiamento nei confronti della cultura ucraina nei territori occupati dalla Russia è stato brutale e mirato all’eliminazione. Già nel 2014, “IZOLYATSIA”, un centro d’arte contemporanea situato a Donetsk, ha visto distrutte tutte le sue opere d’arte e lo spazio è stato trasformato in una prigione dove gli ucraini che non sostengono la cosiddetta “repubblica popolare” vengono imprigionati e torturati. Dall’invasione su larga scala, oltre 1000 oggetti del patrimonio culturale ucraino sono stati danneggiati e molti musei sono stati saccheggiati. Nei territori occupati, l’insegnamento è passato immediatamente al programma russo, pieno di propaganda anti-ucraina. Allo stesso tempo, le biblioteche sono state svuotate dei libri ucraini e le città sono state riempite di cartelloni con citazioni scioviniste di poeti russi. Nell’attuale Mariupol occupata, i volti di scrittori russi decorano la recinzione costruita intorno al Teatro d’Arte Drammatica che è stato deliberatamente bombardato dalla Russia mentre centinaia di civili locali si nascondevano al suo interno nel marzo 2022. Ovviamente, nel contesto attuale della guerra lanciata dalla Russia, la cultura russa non dovrebbe essere usata né come strumento di riconciliazione né come meccanismo per spostare l’attenzione sulle cose “buone” e “belle” mentre l’esercito russo commette crimini di guerra, danneggia le infrastrutture civili e uccide ucraini ogni giorno.
@EUvsDiSiNFO - RUSSIAN CULTURAL SPECIAL OPERATION (https://euvsdisinfo.eu/russian-cultural-special-operation-offensive/).
Haska Shyyan
Traduzione a cura di Michele Negro, Forzaucraina.it