Tratto dal libro Dangerous diplomacy di Theo Tschuy, edito nel 2000 in inglese, il film documentario La casa di vetro ricostruisce la storia di uno dei più straordinari salvataggi avvenuti nell’Europa invasa dai nazisti: quello di 62.000 ebrei di Budapest sopravvissuti grazie all’intervento del console svizzero in Ungheria Carl Lutz.
Prodotto dalla TSI con la regia di Enrico Pasotti e a cura di Aldo Sofia il filmato, in lingua italiana, dà l’avvio a una serie di recenti iniziative volte a far conoscere l’operato di Carl Lutz, “Giusto tra le Nazioni”, negli anni dell’occupazione nazista della capitale magiara: tra queste una mostra fotografica a lui dedicata nel febbraio del 2002 a Gerusalemme e la più recente edizione italiana del libro La casa di vetro.
Incredibilmente infatti, ancora oggi, pochi conoscono la figura di Carl Lutz benché sia una delle personalità più eminenti che la Svizzera abbia conosciuto.
Il filmato propone la ricostruzione storica delle vicende avvenute tra il ’42 e il ’44, alternando parti recitate da attori a interviste di sopravvissuti, con l’intervento di numerosi personaggi, come Agnes, figlia della seconda moglie di Lutz, un’ebrea da lui salvata a Budapest. Le vicende si dipanano in un susseguirsi di flash back della memoria di Gertrud (prima moglie di Lutz, che lo affiancò con intraprendenza e coraggio durante il mandato in Ungheria), durante il viaggio compiuto verso gli studi televisivi di Berna, dove avrebbe dovuto rilasciare un’importante intervista per far conoscere al mondo l’impegno suo e del marito a Budapest.
Quel viaggio non si concluse mai: Gertrud morì su quel treno il 29 giugno 1995.