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Il secondo piano

di Ritanna Armeni Ponte alle Grazie, 2023

“Roma, città aperta, era il tragico teatro dei grandi avvenimenti dell’epoca... Qui le truppe occupanti dovevano mostrare la loro forza, qui gli alleati angloamericani dovevano arrivare per dire al mondo che il nazifascismo stava perdendo. Qui la resistenza operava con coraggio... Qui faceva le sue scelte sul futuro del Paese il CLN. Qui la diplomazia fra cui - importantissima - quella vaticana intrecciava relazioni nei palazzi e nelle ambasciate”.
In questa città, luogo in cui si intrecciano molte vicende, nel tempo dei nove mesi dal rastrellamento del ghetto del 16 ottobre 1943 alla liberazione di Roma del 4 giugno 1944, nasce un’esperienza di accoglienza e solidarietà coraggiosa che vede come protagoniste un gruppo di sette suore francescane, donne sempre al margine della grande Storia, abituate per scelta e vocazione a vivere realtà che, come dice l’autrice nella bella postfazione al romanzo, non appartengono al linguaggio della guerra e della laicità: pietà, misericordia, umiltà, sacrifico di sé, preghiera...

Un mondo sconosciuto ai più ma che Ritanna Armeni ha potuto avvicinare grazie alla storica suor Grazia Loparco che, con puntigliosità e precisione, ha documentato il ruolo che hanno avuto i conventi femminili nell’accogliere e proteggere, a loro rischio, ebrei e rifugiati.
Leggendo i suoi lavori, la scrittrice si è trovata dinanzi a storie e situazioni che erano lo “straordinario già avvenuto”: scrivere il romanzo è stato un bisogno narrativo inevitabile. La motivazione? “Ho capito che, ancora una volta, una vicenda straordinaria che riguardava le donne non era stata narrata”.

La storia inizia il 16 ottobre 1943: un gruppo di sette ebrei scampati al rastrellamento del ghetto, chiede ospitalità al convento. La madre superiora, suor Ignazia, li accoglie e li nasconde al secondo piano. Ad essi se ne aggiungeranno altri cinque. Ma prima di Natale al convento arrivano anche due giovani ufficiali tedeschi: hanno bisogno di locali per allestire al pian terreno un’infermeria per i soldati feriti meno gravi. Le suore vivono così la paradossale situazione di essere in mezzo, tra i tedeschi, che a Roma inaspriscono sempre più il controllo sulla città, e il gruppo di ebrei scampaM alla deportazione: tra loro c’è anche una giovane mamma incinta e alcuni bambini. La storia, pur essendo finzione narrativa, è ambientata nel convento di via Poggio Moiano che, nella realtà, ospitò ebrei e rifugiati.

Il romanzo, oltre a narrare le vicende di chi abita segretamente con le suore e di chi, al contrario, impone loro la sua presenza, inserisce nella trama del racconto precisazioni storiche di fatti avvenuti in quei mesi: la grande Storia fa da cornice in modo puntuale a ciò che accade tra le mura del convento.

Alcune pagine del diario della madre superiora e di altre suore descrivono il paesaggio interiore dei personaggi: la situazione che si è creata non lascia nessuna indenne. Affrontare la realtà richiede cambiamenti profondi, lotta interiore, chiarezza di intenti.
Trovo molto interessante, anche per gli studenti delle superiori, questa modalità di scrittura. Nel corso di formazione per i docenti che Gariwo ha organizzato nel 2021 sulla narrazione, abbiamo invitato a scoprire il forte valore educativo e didattico del narrare storie di Giusti. Come diceva un rabbi:“Una storia va raccontata in modo che sia essa stessa un aiuto”, cioè faccia rivivere e riacquistare potere al miracolo che racconta, quello “straordinario già avvenuto” di fronte al quale l’autrice stessa si è trovata leggendo la documentazione storica. Le storie esemplari sono vita e guariscono, ma bisogna narrarle nel modo più vivo possibile: questo romanzo può essere un ottimo esempio.
Gli inserti storici, che l’autrice introduce nei capitoli, rimandano in modo esatto al contesto concreto: la finzione narrativa è coerente e molto verosimile con ciò che accade a Roma o negli alti ranghi del potere e della diplomazia, proprio in quei giorni, in quelle ore.
Pur essendo frutto di fantasia, le suore che hanno nascosto gli ebrei hanno un volto, una postura esistenziale, una diversità personale che permette di seguire le tappe interiori che hanno condotto a scelte difficili, rischiose, a volte in contrasto con un modo di vivere e pensare precedenti. L’esperienza dell’accoglienza e della cura è ri-scelta tante volte, mostra i punti di forza e le debolezze dei singoli personaggi, rinnova domande, dubbi ma anche aperture generose. Soprattutto sottolinea quanto possa essere forte l’agire insieme e con altre donne consacrate che azzardano percorsi di salvezza coraggiosi e pure fantasiosi. Per salvare è lecito anche fingere, raccontare qualche bugia, organizzare sottobanco distribuzione di viveri essenziali. Una solidarietà che viene dal basso, da chi non si sottrae alla responsabilità di dire un si o un no a coloro che bussano alla porta del convento, a coloro che lottano nella resistenza, ai disertori che non vogliono combattere con i fascisti. Sono donne che scelgono da che parte stare: dalla parte della vita, sempre!

C’è un universo femminile che “osa”: pian piano, nell’incontro con le persone e i loro bisogni, si fa strada una coscienza che si sgancia da leggi esterne assurde e ingiuste ma anche da un’obbedienza a un’autorità ecclesiale che, nel momento del pericolo e della disorientante violenza della guerra, sta ufficialmente in silenzio. Allora queste donne ascoltano con intelligenza il loro cuore, l’esigenza evangelica di farsi prossimo con chi scappa dalla morte, imparano ad obbedire in modo attivo alla coscienza, facendosi carico in prima persona del rischio che corrono ,consapevolmente e per scelta.

I silenzi della Santa Sede diventano possibilità d’azione: l’autrice esprime l’opinione personale secondo la quale le suore che, nella realtà, hanno accolto, non hanno agito con motivazioni politiche ma hanno fatto un’autonoma scelta di carità,”di protezione dei più deboli, di obbedienza ai principi di amore verso il prossimo”, una scelta così naturale che, chi l’ha compiuta, raramente l’ha raccontata.

Tornano alla mente le parole di un’altra straordinaria donna, Etty Hillesum, che scrive di voler “essere il cuore pensante della baracca”, convinta che “ogni atomo di odio che aggiungiamo al mondo lo rende inospitale”: come anche oggi migliaia di donne testimoniano con la loro ribellione per ottenere la libertà, la vita, la possibilità di accedere all’istruzione in Iran, Afghanistan e in tante altre “baracche” del mondo.

Dimenticavo: al secondo piano nasce Rachele... una femmina, che fortuna!

Arianna Tegani, Commissione educazione Gariwo

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