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Gli USA approvano il Genocide and Atrocities Prevention Act 2016

Una norma per rendere obsoleta la concorrenza tra Stati

Su iniziativa del senatore democratico del Maryland Ben Cardin, è passata al Congresso americano la norma che corona 15 anni di sforzi americani e non solo per rendere il diritto, e non la competizione tra potenze, il motore della storia. 

Finora infatti, come si è visto in numerose vicende storiche (dalla colonizzazione dell'Africa alle guerre valutarie negli anni Trenta del Ventesimo secolo, fino alla questione siriana di oggi) la guerra e la pace venivano decise da un complesso di fattori tra cui rientrava sicuramente la lotta tra Paesi della stessa regione o per garantirsi il ruolo di superpotenze mondiali. 

Parte della politica e della società civile è però a favore del fatto che l'andamento della comunità internazionale sia regolato sempre più dal diritto e meno dai sogni di potenza di leader e dittatori. Per questo, 15 anni fa era stato approvato in America il principio "R2P", Responsibility to Protect, che sanciva il dovere di soccorrere le popolazioni minacciate da violenze di massa. 

In 15 anni però non sono finite le atrocità. In Sudan, Siria, Burundi, Birmania e molti altri Paesi del mondo, compresi quelli occidentali a rischio di attacchi terroristici, interi gruppi umani vengono fatti oggetto di attacchi "eliminazionisti", come li definisce Daniel Goldhagen in Peggio della guerra

Sono però cresciuti i contributi della scienza alla comprensione di queste tragedie e soprattutto dei segni premonitori che le annunciano, quali ad esempio le campagne d'odio verso alcuni popoli nei media. Così, oltre a Goldhagen, abbiamo letto articoli e libri anche di Yehuda Bauer e molti altri, incluse le testimonianze di chi per le atrocità c'è passato. O passata, come Claire Ly, Yolande Mukagasana, o le Giuste che onoreremo al Monte Stella il 6, 7 e 8 marzo 2016: Flavia Agnes, Sonita Alizadeh, Halima Bashir, Vian Dhakil, Felicia Impastato e Azucena Villaflor. Donne che hanno saputo far valere la legge morale sopra leggi sociali o statali ingiuste.  E qualcosa è penetrato nelle alte sfere. 

Ecco che quindi gli USA varano il Genocide and Atrocities Prevention Act, un provvedimento che tiene conto del fatto che la definizione di genocidio può bloccare invece che abilitare le funzioni di prevenzione e punizione dei crimini di massa, che quindi vengono definiti "atrocità", e di cui vengono riconosciute legalmente tre principali cause: la presenza di fattori di rischio politici (come le divisioni etniche più o meno artificiose tra i popoli) in un Paese, che dev'essere monitorata dal Genocide Prevention Board già istituito da Obama anni fa; la presenza di fattori di rischio economici, ai quali dovrà provvedere un Complex Crisis Fund previsto dall'attuale legge; e la mancanza di addestramento adeguato per fare fronte a tali rischi - il provvedimento predispone percorsi di formazione per diplomatici ancora prima che siano inviati nei Paesi di accreditamento.

Certo, gli Stati Uniti non possono essere l'unico "poliziotto del mondo" che si occupa di intervenire a prevenzione o a repressione delle atrocità di massa. Ci vuole cooperazione, che a volte viene meno proprio a causa della competizione di Stati, come sostiene il professor Ramesh Thakur, che ha fatto parte della Commissione del Congresso USA sull'Intervento e la Sovranità dello Stato quindici anni fa. India e Cina si guardano con sospetto per quanto riguarda crisi come quelle del Tibet o del Myanmar. Pechino mostra di non gradire affatto interferenze degli USA in Corea del Nord, il che sta impedendo opere di soccorso ai civili; la Nato e la Russia si affrontano anziché cooperare non solo per quanto concerne l'Ucraina, ma ormai anche per l'intricato conflitto siriano, già reso esplosivo dagli interessi di Iran e Arabia Saudita. 

Però certamente la nuova legge va nel senso di affidare le decisioni dei governi a un sistema giuridico chiaro e rispettoso dei diritti umani, invece di rendere questi ultimi disponibili e sacrificabili in nome degli interessi degli esecutivi.   

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