Se Israele ora si gettasse su Gaza con l’intento di distruggere Hamas a qualsiasi costo e senza considerare le implicazioni di una mossa di questa portata, ricalcando la corsa alle armi rabbiosa e disperata del post 11 settembre in Iraq e Afghanistan, farebbe un terribile errore.
Lo spiega con una
chiarezza Thomas L. Friedman, premio Pulitzer ed editorialista del
New York Times nel suo commento “Israel is about to make a
terrible mistake” (Israele sta per compiere un gravissimo errore),
che si apre con un’espressione di ammirazione nei confronti del
Presidente Usa Joe Biden che, nel corso della sua visita in Israele,
ha mostrato solidarietà per l’attacco di Hamas cercando al tempo
stesso di frenare la spinta vendicativa dei vertici spingendoli a
considerare tutte le conseguenze.
Una riflessione
difficile da generare, eppure necessaria al fine di evitare un
ulteriore inasprimento in grado di sfociare in una “conflagrazione
globale” che distrugga completamente tutti gli sforzi compiuti
negli anni e faccia il gioco di Hamas, Iran e Russia. Come spiega
Friedman:
“Credo che se
Israele si precipitasse a capofitto a Gaza adesso per distruggere
Hamas – e lo facesse senza esprimere un chiaro impegno a cercare
una soluzione a due Stati con l’Autorità Palestinese e a porre
fine agli insediamenti ebraici nel profondo della Cisgiordania –
commetterebbe un grave errore. Ciò sarà devastante per gli
interessi israeliani e americani.”
Friedman sottolinea
la propria preoccupazione, dovuta al fatto che un alto funzionario
statunitense gli avrebbe riferito che la sensazione, una volta
lasciata Gerusalemme, sia stata quella di un Netanyahu consapevole
del rischio di un intervento a Gaza, ma di una coalizione di destra
ansiosa di gettare benzina sul fuoco del conflitto. I suprematisti
starebbero quindi impedendo di ammortizzare una situazione che si
rivelerebbe disastrosa non solo a Gaza, inevitabilmente, ma anche per
Israele e di conseguenza per l’America.
“Se Israele sente
di dover rioccupare Gaza per distruggere Hamas e ripristinare la sua
deterrenza e sicurezza, deve abbinare a quell’operazione militare
un nuovo impegno a perseguire una soluzione a due Stati con i
palestinesi in Cisgiordania e Gaza pronti a fare pace con Israele.”
Riassumendo, la
convinzione è che non sia possibile lavorare per creare
un’Autorità Palestinese più efficace in Cisgiordania e anche a
Gaza senza un “cambiamento fondamentale nella politica israeliana
nei confronti dell’Autorità Palestinese e dei coloni ebrei”.
Lo scenario
peggiore, talmente vicino da poterlo sfiorare, è la perdita totale
del controllo “in modi che potrebbero danneggiare irreparabilmente
Israele, danneggiare irreparabilmente gli interessi degli Stati
Uniti, danneggiare irreparabilmente i palestinesi, minacciare gli
ebrei ovunque e destabilizzare il mondo intero”.