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Emergenza profughi: la Germania apre

ma restano altri muri in Europa

L’emergenza migranti in Europa non sembra vicina a una soluzione stando al rapporto diffuso dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati - UNHCR, che per il 2015 e 2016 prevede circa 850mila persone in arrivo in cerca di protezione, in gran parte provenienti dalla Siria a causa della guerra. Una stima prudente visto che ad agosto sono stati già registrati 366mila ingressi a fronte dei 400mila previsti per l'intero anno, ha detto l’UNHCR sollecitando i governi a concordare rapidamente misure adeguate per accogliere numeri così elevati.

L'apertura della Germania

Dopo mesi di esitazioni, polemiche e divisioni tra i paesi del sud (Italia e Grecia) sotto pressione per l’arrivo di massa dei migranti, e nazioni del nord ostili a fornire aiuti per l’emergenza, la decisione della Germania di aprire le porte ad almeno mezzo milione di persone l’anno per diversi anni segna una svolta nella gestione dell’immigrazione, affrontata non più solo con misure per tamponare l'emergenza, ma con un piano di lunga durata per integrare i nuovi cittadini nella società che li ospita. Questa mossa deve però rientrare nel quadro di una politica comune dell’Unione Europea, ha fatto chiaramente capire la Cancelliera Angela Merkel, dando l'approvazione al piano proposto dal Presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker per la ridistribuzione obbligatoria di 160mila rifugiati tra i 28 paesi della UE. Misura considerata come il primo passo, preliminare all’introduzione di un sistema aperto di asilo al posto dell’accordo di Dublino III ora vigente, in base al quale la richiesta di protezione va presentata nel paese UE di primo ingresso. Un sistema che "non funzione più" e ha scaricato su Italia,  Grecia e Ungheria tutto il peso dell'afflusso dei migranti. 

Il monito ai paesi dell'Est

"Le nazioni europee devono accogliere più rifugiati; se i paesi dell’Est continueranno a non voler accettare la loro quota di richiedenti asilo, metteranno a rischio il sistema delle frontiere aperte, garantito dall'accordo di Schengen, con gravi conseguenze politiche ed economiche per tutti", ha ammonito il governo tedesco, dopo l'ingresso in Germania di 20.000 migranti arrivati in treno, autobus o a piedi dall’Ungheria nel giro di due giorni. Merkel ha ringraziato i tanti cittadini tedeschi che si sono prodigati per fare fronte all'emergenza, dicendosi “orgogliosa del fatto che la Germania sia diventata un Paese che molti all’estero associano alla speranza”, aggiungendo però di ritenere “inaccettabile che alcune persone sostengano che questo fatto non li riguardi per nulla”.

L’avvertimento è diretto a Ungheria, Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia, che rifiutano di farsi carico dell’emergenza creata dall’afflusso inarrestabile di migranti, che da settimane premono ai confini della UE per entrare ad ogni costo, a rischio molto spesso della vita, come mostrato dalle tragiche immagini delle barche affondate nel Mediterraneo con vittime anche tra i bambini come il piccolo siriano di tre anni, Aylan, annegato nel mare davanti a Bodrum in Turchia.

L'allarme dell'UNHCR

dati allarmanti dell’UNHCR indicano che quattro anni di guerra hanno costretto oltre 3 milioni di siriani ad espatriare. La Turchia sopporta il carico maggiore di questo esodo con 1,7 milioni di profughi, che salgono a 1,9 milioni comprendendo anche gli iracheni espatriati per sfuggire all’ISIS, gli iraniani, gli afgani e cittadini di altre provenienze. La Giordania ospita 600mila siriani, mentre in Libano sono 1.173mila quelli registrati ufficialmente dall’UNHCR, ma ne sono stimati quasi 2 milioni, anche se negli ultimi tempi le autorità stanno rendendo sempre più difficile la vita nei campi profughi, privi di strutture organizzate, spingendo i residenti ad andarsene e cercare di raggiungere l’Europa.

L’UNHCR quantifica invece in 50mila i siriani che hanno cercato asilo in oltre 90 paesi fuori dal Medio Oriente, a conferma che l’impatto di questa migrazione forzata ha finora pesato poco sull’Europa e altre nazioni lontane dal conflitto. I paesi europei si trovano ora ad affrontare un’emergenza per troppo tempo trascurata: la richiesta di soccorso di popolazioni in fuga non solo da guerre in corso, come in Siria, ma anche da persecuzioni, attentati e regimi repressivi - Iraq, Afghanistan, Somalia, Eritrea e Sudan - e in cerca di una vita sicura e dignitosa e di un futuro.

La risposta della UE

La UE, finora impreparata rispetto alle dimensioni di questa immigrazione di massa, deve trovare un accordo sulla proposta di Juncker, che sarà discussa dal Parlamento europeo e nel vertice in programma il 14 settembre, per ricollocare  160mila richiedenti asilo (una frazione minima delle centinaia di migliaia di persone entrate nella UE) e alleggerire il numero di profughi nei paesi di primo ingresso. Dall’Italia ne partiranno 39.600, dalla Grecia 66.400 e dall’Ungheria 54mila. Germania e Francia ne assorbiranno rispettivamente oltre 40mila e 31mila ciascuno, mentre in Spagna saranno destinati circa 19mila migranti.

I parametri adottati per l’assegnazione dei profughi sono demografici ed economici (popolazione, numero richiedenti asilo già ospitati, Prodotto interno lordo - Pil, tasso di disoccupazione). In caso di rifiuto ad accogliere sono previste sanzioni proporzionali al Pil del Paese che esercita la clausola dell’”opt out” (Option out), ovvero l’opzione di rinuncia a sottostare a leggi o provvedimenti della UE.

La Gran Bretagna, che in materia di immigrazione non è soggetta al sistema delle quote e si era mostrata ostile all’accoglienza, si è detta disponibile ad accettare 20mila profughi in cinque anni, ma provenienti direttamente dai campi all'estero, escludendo quelli arrivati illegalmente in Europa.

L’opposizione più forte a questo meccanismo di risistemazione tramite le quote viene dalle nazioni dell’Est, a partire dall’Ungheria, dove il premier Viktor Orbán ha  ordinato di accelerare la realizzazione della frontiera di filo spinato al confine con la Serbia e dove continuano violenti scontri tra la polizia e i migranti, che vogliono raggiungere l'Austria. Secondo Orbán e il primo ministro slovacco Robert Fico, la stragrande maggioranza dei migranti non fugge dalla guerra o da persecuzioni, ma è in cerca di una vita migliore. Quindi non ha i requisiti previsti dalla Convenzione del 1951 sui Rifugiati e dalle normative europee per avere diritto all'accoglienza o altra forma di protezione.

I richiedenti asilo

Rispetto alle possibilità di ottenere asilo nella UE i dati Eurostat mostrano che nel primo trimestre del 2015 i cittadini provenienti da Siria, Eritrea, Iraq, Afghanistan, Iran, Somalia, Sudan hanno ottenuto una qualche forma di riconoscimento in oltre 50% dei casi. Stando all'UNHCR. i 250mila migranti sbarcati quest'anno sulle coste della Grecia vengono in nove casi su dieci da Siria, Afghanistan e Iraq, mentre in Italia eritrei, somali e sudanesi rappresentano complessivamente il 40% dei circa 120mila arrivati nel 2015 e i siriani sono il 6%. Se questi migranti possono sperare di ottenere lo status di rifugiati, per quelli provenienti da Nigeria, Bangladesh, Gambia, Mali, Senegal, Ghana, che il Italia sono il 18% degli arrivi, il destino è incerto, non essendo provenienti da zone di guerra.

La stessa Cancelliera tedesca, determinata a fare fronte all’arrivo in massa dei richiedenti asilo (oltre 100mila in Germania in agosto con una previsione di 800mila per quest’anno) e a stanziare 6 miliardi di euro per coprire i costi della loro integrazione, ha avvertito che “chi non ha necessità di protezione dovrà tornare indietro”, ribadendo il diverso trattamento per i cosiddetti “migranti economici”, cui non spetta il diritto d’asilo. Gli uffici della Commissione Europea stanno rivedendo la lista dei Paesi “sicuri”, dove non sono in corso conflitti e non ci sono minacce per i cittadini e non danno quindi diritto al riconoscimento dello status di rifugiati. Su questa base saranno esaminate le domande di asilo.

Viviana Vestrucci, giornalista

9 settembre 2015

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