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La minaccia alla democrazia israeliana

dal principio di ragionevolezza al "colpo di stato dall'alto"

Qualche settimana fa la storica Anna Foa, ambasciatrice di Gariwo ed esperta di storia degli ebrei, ha manifestato su queste pagine la sua crescente preoccupazione riguardo alla vita politica e democratica di Israele, in un articolo intitolato Israele è in pericolo.

Fra le proteste scoppiate in massa nel paese (si parla di mezzo milione di persone scese in strada), il governo israeliano di Netanyahu sta infatti andando verso una riforma giudiziaria che minerebbe fortemente il potere della Corte suprema, unico vero baluardo della vigilanza sull’operato governativo in Israele, e, quindi, sul rispetto dei principi democratici da parte dell’esecutivo. La Corte lavora attraverso quel principio di ragionevolezza che fino ad ora aveva permesso ai suoi giudici di mantenere, almeno in parte, un distacco dalla politica. Se ciò dovesse effettivamente venire a mancare, si vedrebbero conseguenze concrete sull’esercizio della democrazia nel paese, che per anni ha fatto vanto di essere “l’unica democrazia del Medio Oriente”, e sulla linea adottata nei confronti dei palestinesi, che diventerebbe ancora più dura.

È davvero impressionante la velocità con cui il governo nato intorno a Netanyahu dalle recenti elezioni sta distruggendo ogni residuo di possibilità di arrivare un giorno o l’altro, per quanto lontano, ad una pacificazione fra ebrei e palestinesi ed insieme, sta minando, con la legge sulla Corte Suprema, le basi democratiche dello Stato. Ormai non si tratta più soltanto, e non era certo poco!, del conflitto tra israeliani e palestinesi”, scrive Foa.
La storica ha anche sottolineato come a febbraio 2023 il governo israeliano abbia decretato l’istituzione della pena di morte per i terroristi, una pena che nel paese non è mai esistita, fatta eccezione per l’esecuzione di Adolf Eichman. Ci si chiede chi, nel possibile nuovo ordine delle cose, potrà essere accusato di terrorismo.

Sull’argomento è intervenuto su Haaretz l’israeliano Yuval Noah Harari che, dal suo mestiere di storico, analizza la possibile riforma del potere partendo dal concetto storico di colpo di stato e di genesi di una dittatura. Il coup d’état, sostiene, può avvenire in due modi. Il primo è quello che ci viene subito alla mente, ossia una forza militare che circonda il parlamento e i palazzi del potere con la promessa di fare l’interesse del popolo mentre i media annunciano la presa del paese.
Il secondo sarebbe quello che Harari definisce “un colpo dall’alto”. Più silenzioso, ma paradossalmente più efficace. “Il primo usa la legge per guadagnare il potere, il secondo usa il potere per distorcere la legge". Secondo Harari saremmo di fronte a un possibile colpo in questo secondo stile, mascherato da riforma tecnica. Attuato, quindi, senza i carri armati nelle strade, ma attraverso una “legal way” per rimuovere le restrizioni al potere esecutivo, ossia minando le tutele legislative e le istituzioni che gli fanno da contraltare. In questo caso principalmente la Corte suprema. “Smantellando tutti gli organi di vigilanza ed equilibrio”, scrive Harari.

In secondo luogo, lo storico si sofferma sullo storytelling che caratterizza gli albori di ogni dittatura, ossia proporre come unica tutela la propria “buona volontà”. Non servono garanzie, in quanto “l’uomo forte” offre la promessa della protezione, della propria volontà di fare il bene del popolo, che quindi può “fidarsi”.

Dovremmo domandarci, scrive Harari, “Che cosa limiterà il potere del governo? Se la maggioranza della Knesset vuole togliere agli arabi il diritto di voto, o bannare i giornali di opposizione, o mettere in prigione le donne che indossano i pantaloncini - quale meccanismo potrà prevenirlo?”.

In questo quadro a tinte volutamente molto fosche, la via d’uscita possibile è quella di tutelare l’impianto della democrazia bloccando l'indebolimento dei meccanismi e degli organi preposti a farlo, come la Corte; l’enorme mobilitazione della società civile israeliana che stiamo vedendo, in questo senso, rappresenta la speranza che sia possibile.

17 marzo 2023

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