Gariwo
QR-code
https://it.gariwo.net/libri-and-co/libri/africa/il-potere-delle-donne-25369.html
Gariwo

Il potere delle donne

di Denis Mukwege Mondadori, 2022

Il libro è una riflessione sulla vita di Denis Mukwege e un pensiero lucido sul concetto di femminismo e sui diritti delle donne, a partire dalle oltre 60mila pazienti che il Dottore ha operato e assistito. Le chiama “sopravvissute”, non “vittime”, e mostra per loro un’ammirazione straordinaria. Ha visto con i suoi occhi cosa hanno dovuto sopportare, ma è testimone anche della loro forza di ricominciare. Senza cancellare i ricordi, ma lasciandoseli alle spalle, passo dopo passo. È quel Trasformare il dolore in forza che compare scritto sul muro d’ingresso del suo ospedale Panzi.

Denis Mukwege ha dedicato la sua esistenza alle donne dell’Est Congo, colpite da decenni di violenza e vittime di stupri di guerra. Questo terribile atto viene usato come arma di terrore per troncare i legami delle comunità, ma anche come strumento di sterminio, quando volto a rendere sterili le vittime. Lo stupro come arma di guerra è una vera e propria strategia militare. È pianificato, poco costoso, facile da organizzare. E tremendamente efficace.
La sua prima paziente non è una donna adulta, ma una bambina di 18 mesi, con lacerazioni gravissime dovute a una violenza. Sembra un incubo, ma non lo è. È la realtà. Una realtà che non solo permette tali violenze, e garantisce impunità ai colpevoli, ma che si ritorce ancora contro le vittime, che dopo lo stupro vengono isolate e rifiutate dalle comunità. Una volta violate, infatti, sono considerate guaste. Spesso sono ritenute responsabili di aver incoraggiato l’aggressore con il loro comportamento. Non di rado la donna viene rifiutata dai suoi stessi genitori.

Per questo il Dottor Mukwege ha creato l’ospedale Panzi e le strutture ad esso collegate, che curano non solo i corpi, ma le menti e le vite delle pazienti. Un metodo olistico, lo definisce il Dottore, che permette di ricominciare.
Mukwege cura più generazioni di donne, e decide di essere non solo il loro medico, ma anche la loro voce. Inizia quindi a denunciare le violenze, l’impunità dei colpevoli, lo sfruttamento delle risorse minerarie del Congo. “Tutti amiamo le belle macchine e i gioielli - ha dichiarato in occasione del ritiro del Nobel -. Anche io ho uno smartphone. Questi oggetti contengono minerali che vengono dalla nostra terra, spesso estratti in condizioni disumane da bambini vittime di intimidazione e violenza. Quando guidate la vostra auto elettrica, quando usate il vostro smartphone o ammirate i vostri gioielli, prendetevi un minuto per riflettere sul costo umano che c’è dietro la produzione di questi oggetti. Come consumatori, cerchiamo quanto meno di pretendere che siano realizzati nel rispetto della dignità umana. Girare la testa significa essere complici. Non è solo chi commette il crimine a essere responsabile, lo è anche chi sceglie di guardare altrove”.

Oltre a contenere il racconto sulla vita di Denis Mukwege, gli episodi che più lo hanno segnato, la voce delle donne che ha curato, il testo è un’analisi attenta e competente del fenomeno degli stupri nella storia, tra le comfort women dell'esercito giapponese e le violenze compiute in Ruanda, tra lo stupro di guerra nella ex Jugoslavia e le atrocità del genocidio yazida. Per rilevare, ieri come oggi, che la costante in ogni situazione - pur diversa per contesto e attori coinvolti - è la motivazione che spinge gli uomini a commettere uno stupro: “Ogni volta che un uomo stupra una donna, in qualunque situazione, in qualunque Paese, le sue azioni tradiscono lo stesso pensiero: che i suoi bisogni e desideri valgono più di ogni altra cosa, e che le donne sono solo esseri inferiori che si possono usare e violentare. Ogni volta che uno stupro si verifica senza che vi siano conseguenze per l’aggressore, la pratica diventa tollerata. E se una prassi è tollerata, entra a far parte della cultura”.

Osservando la storia più recente, si passa dai processi di Norimberga che non perseguirono mai lo stupro; agli anni 90, in Jugoslavia, per cui la pubblica accusa dimostrò che lo stupro doveva essere considerato un crimine di guerra; al processo Akayesu, nel 1998, quando il tribunale speciale per il Ruanda stabilì per la prima volta che lo stupro può essere un atto di genocidio. Oggi il crimine è ripreso dallo Statuto della Corte Penale Internazionale che, in mancanza di un tribunale speciale, è l’unica speranza per una donna congolese di vedersi riconosciuta giustizia. Lo stupro e la riduzione in schiavitù sessuale sono quindi considerati crimini contro l’umanità. È un grande passo avanti, che rende tuttavia necessario l’impegno ad applicare localmente queste norme internazionali.
Senza legislazioni nazionali che riconoscano le donne come individui autonomi e indipendenti, e senza una leadership in grado di guidare il cambiamento politico e culturale, questo progresso rischia infatti di rimanere, come spesso accade, lettera morta.

Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Contenuti correlati