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Zakhor: la memoria che vive. A 80 anni dall’eccidio di Meina

di Carlo Greppi

È la prima strage di ebrei in Italia – come recita il sottotitolo del “classico” volume del giornalista Marco Nozza Hotel Meina (Il Saggiatore 2005) –, in quel maledetto settembre del 1943 in cui sulla penisola si saldarono visceralmente ideali e pratiche dell’invasore nazista e dell’ultimo feroce fascismo, quello della nascente Repubblica sociale italiana. Come dichiarerà venticinque anni dopo i fatti il presidente della Corte d’Assise, Gerhard Haack, nell’introdurre le motivazioni della sentenza del processo di Osnabrück che porterà inizialmente a tre ergastoli e due altre condanne di tre anni (agli esecutori materiali, due sottufficiali), si trattò di una serie di crimini che non avevano “nulla a che fare con la guerra”: “sono stati uccisi senza alcun motivo donne e bambini, soltanto perché ebrei”. E per rapinarli di tutti i loro averi, come la ricerca storica avrebbe acclarato. Per semplicità lo si definisce ancora oggi “l’eccidio di Meina”, perché il suo epicentro fu il massacro in un hotel di quella località turistica affacciata sul lago Maggiore, nella notte tra il 22 e il 23 settembre 1943 e in quella successiva, di sedici persone – i corpi vennero gettati nel lago dagli uomini del secondo reggimento della Panzer-Grenadier Division Waffen-SS "Leibstandarte Adolf Hitler". Ma in realtà l’assassinio sistematico e diffuso investì drammaticamente un ampio territorio che va dal novarese al Verbano Cusio Ossola (VCO): furono infatti otto (nove se si considera anche la città di Novara, dove ci furono arresti e deportazioni) le località coinvolte nella rivoltante scia di sangue che in un mese, tra il 13 settembre e il 10 ottobre del 1943, produsse 58 vittime. Erano in parte ebrei italiani sfollati o lì residenti, in parte ebrei stranieri rifugiatisi in Italia nel lungo quinquennio che seguì la promulgazione delle leggi razziste del 1938, e che sulla penisola si trovarono in trappola, come ricostruì a suo tempo l’ineludibile Il rifugio precario. Gli esuli in Italia dal 1933 al 1945 di Klaus Voigt (La Nuova Italia 1993) e più di recente Salvarsi. Gli ebrei d’Italia sfuggiti alla Shoah 1943-1945 di Liliana Picciotto (Einaudi 2017). Gli uomini, le donne e i bambini braccati trovarono anche, in alcuni casi, commovente aiuto: tra i 766 “Giusti tra le nazioni” italiani riconosciuti dallo Yad Vashem di Gerusalemme compaiono ad esempio Luca Canelli, medico che avvisò undici persone del pericolo permettendo loro di scappare in barca sul lago Maggiore e raggiungere la Svizzera, e Giacomo Bassi – ricordato anche qui sul sito di Gariwo –, che falsificò i documenti dell’intera famiglia Contente, sfollati giunti a conoscenza del massacro di Meina che non erano riusciti a passare il medesimo confine. Tra i salvati troviamo anche Aldo Toscano, autore di un altro testo – L’olocausto del lago Maggiore (1985) – che fu fondamentale per ricostruire la dinamica.

L’azione omicida sul territorio, resa possibile anche grazie una capillare opera di diffusione dell’antisemitismo fascista e della precedente e certosina burocrazia criminale del regime, fu sostanzialmente la medesima in tutti i comuni: individuare, neutralizzare e rapinare, assassinare, occultare i corpi. E poté contare sull’appoggio istituzionale degli italiani: presto sarebbe stata ufficialmente proclamata la complicità dei fascisti della neonata Repubblica sociale italiana – fondata proprio il 23 settembre, la cui azione si sarebbe sovrapposta a quella tedesca a partire dall’autunno inoltrato –, la quale a novembre avrebbe dichiarato che “gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica”.

Il processo di Osnabrück del 1968, pur importante, non avrebbe del tutto dissipato le cupe ombre che avvolgono ancora questa terribile vicenda: ci si continua a interrogare sull’intreccio tra “spontaneità” dell’azione e organizzazione della stessa, e il dibattito prosegue in termini anche accesi, come dimostra l’uscita recente del libro Meina settembre 1943. Stragi, occultamenti e amnesie (Alberti 2023) di Maurizio Cotti Piccinelli, ex sindaco del comune del novarese già autore di “appunti politicamente scorretti” e volumi su altri temi, che non ha tuttavia accolto il favore degli studiosi. Se resta scandalosa la decisione della Corte Suprema di Berlino, il 17 aprile 1970, di annullare le condanne su citate perché il reato fu ritenuto caduto in prescrizione, l’indagine sulla dinamica degli eventi, ricostruita a suo tempo dalla stampa, ora che gli atti del processo di Osnabrück verranno desecretati e non sarà solo disponibile la sentenza, andrà avanti. Ma la vera novità di questo 80° anniversario, più che sul versante della ricerca, è sul piano della memoria pubblica, che pure in questi decenni ha dato dei segnali importanti: a Meina la scuola elementare è ad esempio intitolata ai tre fratelli Fernandez Diaz, giovanissimi ebrei di Salonicco assassinati in quella notte di otto decenni fa, e innumerevoli iniziative si sono tenute negli ultimi lustri.

Annunciate in una conferenza stampa congiunta il 25 agosto, le celebrazioni ufficiali del 2023, che affiancano e precedono un ciclo di iniziative e un lavoro capillare sul territorio, mostrano infatti una straordinaria capacità di collaborazione. Il coinvolgimento – capofila è l’Anpi provinciale di Novara – vede schierati Regione, Provincia, Comuni (Baveno, Stresa, Orta, Arona, Novara, Meina, Verbania, Bée, Mergozzo), la Comunità ebraica (di Vercelli, Biella, Novara e VCO), l’Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel VCO “Piero Fornara”, l’Anpi provinciale del VCO ed enti e associazioni preposti allo studio e alla tutela della memoria storica, come la Casa della Resistenza di Fondotoce. Sono stati inoltre coinvolti il comune di Ranco, nella provincia di Varese, collocato di fronte a Meina sulla sponda lombarda del lago Maggiore, nel cui specchio d’acqua riaffiorarono alcuni dei cadaveri dei trucidati, e l’Associazione per l’ebraismo progressivo Lev Cadash di Milano, ente di riferimento per la famiglia Behar, sopravvissuta alla strage di Meina e da tempo indispensabile custode di questa memoria. L’iniziativa collettiva è ispirata dallo spunto del “ciclista della Memoria” Giovanni Bloisi, la cui proposta di posizionare i pannelli esplicativi sui luoghi dello sterminio in un dialogo con Francesco Cerutti, sindaco di Ranco, portò all’avvio del progetto Zakhor – Percorsi della memoria sulla prima strage di ebrei in Italia tra il novarese e Verbano Cusio Ossola, cui prenderanno parte anche gli Uffici scolastici provinciali. Ora i pannelli trilingue – in italiano, inglese e tedesco – stanno iniziando ad apparire, uno per uno, con il coinvolgimento del Cai e dei canoisti, oltre ai “pedalatori della memoria” che accompagnano Bloisi. E si struttura così un doloroso percorso che, in luoghi tanto suggestivi, può ricordare a chiunque quanto l’essere umano possa essere terribile. Come sottolineato da Daniele Valle, vicepresidente del Consiglio Regionale e presidente del Comitato Resistenza e Costituzione, la sfida di “mettere insieme tante realtà, tanti comuni, tanti soggetti” riuscirà – ce lo auguriamo – a “intercettare pubblici e persone nuove”. A diffondere definitivamente nel senso comune, in sostanza, la memoria di questo orrore: Zakhor, “ricorda”, in ebraico.

Inaugurate il 14 e il 15 settembre a Baveno, Stresa, Orta e Arona, le iniziative si concluderanno così venerdì 13 ottobre con lo svelamento dell’ultimo totem a Fondotoce. Ma sarà solo l’inizio: prenderanno vita un blog e una pagina web su cui affluiranno tutti i percorsi di approfondimento, e soprattutto da quei magnifici luoghi che abitiamo o che percorriamo in vacanza non si potranno sradicare i segni concreti di quella cultura dell’odio e della sopraffazione che in molti ancora rimpiangono, e che sta di nuovo facendo proseliti in tutto il mondo. Ora, con questa memoria viva, e con questa capacità di far convergere sensibilità così differenti, una pietra è stata posata. Per ricordarci – oggi più che mai – dove ci portano i fascismi, in ogni luogo e in ogni tempo.

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