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Gariwo Magazine

Gariwo: il Metodo

di Gabriele Nissim e Francesco M. Cataluccio

Riportiamo di seguito un estratto di "Gariwo: il metodo", a cura di Gabriele Nissim, Presidente della Fondazione Gariwo, e di Francesco M. Cataluccio, Responsabile editoriale della Fondazione Gariwo. Si tratta di un documento formativo e informativo che riflette sulle attività che la Fondazione Gariwo realizza - attraverso, ad esempio, la costruzione dei Giardini dei Giusti in tutto il mondo, la promozione di progetti didattici nelle scuole, la pubblicazione su gariwo.net di analisi e approfondimenti sull'attualità e sul tema della Memoria - da più di vent'anni, così come sulle finalità educative che intende perseguire. In calce è possibile scaricare il documento integrale

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Premessa

Gariwo è un’agenzia educativa per la responsabilità civile verso il presente e il futuro. Non ha una funzione politica, ma solo di tipo etico: un richiamo e una pratica per salvare l’umano, attraverso la formazione permanente della coscienza dell’individuo. Il suo fine è quello di insegnare che ogni persona, anche quella apparentemente più semplice, fragile, o che si sente inadeguata, in ogni contesto e in ogni tempo può fare la differenza per migliorare il mondo. È il potere dei senza potere, come proponeva lo scrittore e dissidente ceco Vaclav Havel. La Fondazione Gariwo (nata a Milano come comitato nel 1999) propone una nuova esperienza costruita dal basso che cerca di trasformare i giovani e i cittadini in protagonisti delle grandi vicende umane e internazionali. Un’idea che si ispira e porta avanti i valori europei: dagli oltre duecento Giardini dei Giusti in Italia, in Europa, a quelli sparsi per il mondo dal Sud America, all’Africa, al Medio Oriente. 

Le grandi sfide di oggi sono: le derive egoiste e nazionalistiche; i conflitti etnici e le guerre; l’odio e l’antisemitismo; l’indebolimento delle democrazie e della cultura; la crescente violenza e la sopraffazione nel linguaggio e nei rapporti sociali; la crisi climatica; le migrazioni di uomini, donne e bambini in fuga dai conflitti e dalla povertà. In tutti questi contesti l’indifferenza, l’apatia e l’impotenza sembrano prevalere e si assiste sempre più a comportamenti da spettatori. Oggi, del resto, è più facile essere passivi in un mondo dominato dai social media, dove le persone ritengono che un “like” per un diritto calpestato, o l’indignazione per un mancato salvataggio in mare, possano cambiare le cose. La protesta virtuale è infatti una modalità che ci illude di avere la coscienza a posto, senza mai sporcarci le mani direttamente. Si sta dalla parte delle vittime senza doversene occupare di persona, come accade talvolta nelle Giornate della Memoria, quando è più facile prendere posizione contro il nazismo e lo sterminio degli ebrei e non invece interrogarsi sulle responsabilità che ci competono nel mondo di oggi.

Educare alla prevenzione e alla responsabilità personale

Il Male fatto alle persone non va raccontato dalla fine, ma dal suo inizio. È importante studiare e comprendere le stazioni del Male che in ogni epoca possono, in determinate condizioni, portare all’oppressione e alla disumanità. Come aveva compreso Primo Levi, non esistono due pianeti: quello di Auschwitz e quello della nostra vita quotidiana. I semi del Male nascono e si manifestano con parole malate, con lo svuotamento della democrazia e gli attacchi al pluralismo, con il bullismo, con il disprezzo e la manipolazione dell’altro. Si può poi giungere facilmente a discriminazioni politiche e sociali, leggi liberticide, fino al trionfo di prigioni, campi di reclusione, guerre. Ecco perché Gariwo sollecita i parlamenti a fare periodici report sui genocidi in corso e sui meccanismi dell’odio contemporaneo, per educare la società alla prevenzione. È necessario un orientamento pubblico delle istituzioni su una politica di prevenzione a livello internazionale, ma ciò non è sufficiente e molto spesso questo compito, per ragioni di realpolitik o per opportunismo, viene disatteso.

Per questo è importante educare gli individui a diventare nella loro esistenza dei guardiani attenti a quello che succede nel mondo. Ciascuna persona nel suo piccolo può fare un gesto per togliere dall’oblio chi viene perseguitato in un altro paese ed esprimergli solidarietà. Ognuno può essere protagonista di una rete solidale che unisce gli individui di diversi paesi. La vicinanza, che stempera le frontiere, può essere di grande aiuto: i social network, e perfino l’aumento dei flussi turistici, la facilitano e rendono possibile. C’è sempre la possibilità di diventare prossimo di una persona lontana. Nel mondo di oggi la diplomazia per i diritti umani non compete solo agli Stati, ma anche agli individui. E gli individui non solo possono sollecitare gli Stati, ma possono dal basso supplire alle mancanze politiche. La famiglia Regeni, ad esempio, con la sua ostinazione per la giustizia e la verità sull’assassinio politico del loro figlio Giulio in Egitto, ha fatto molto più di quello che hanno voluto e potuto fare i governi italiani e l’Unione Europea. I cittadini, in particolare quelli che vivono in paesi democratici, hanno la possibilità di esercitare un controllo transnazionale sullo stato dei diritti e operare per la giustizia e la conciliazione nei conflitti del mondo.

Ma è altrettanto importante rimanere vigili con i nostri comportamenti quotidiani, quando una persona viene umiliata e disprezzata sui social o sul posto di lavoro, quando si creano barriere etniche e religiose tra noi e gli altri o non si rispettano e colpevolizzano le identità di genere e sessuali. Oppure quando la democrazia e il dibattito pubblico invece di affermare il gusto e la risorsa del dialogo come momento di crescita collettiva, diventano un campo di battaglia di fazioni contrapposte dove ognuno vorrebbe imporre la supremazia di quella che considera la propria indiscutibile verità. È questa la vera crisi della democrazia che diventa un’arena di nemici, tifosi e gladiatori e che può aprire la strada passo dopo passo a un regime non democratico.

Le “democrazie illiberali” si vanno diffondendo in tutto il mondo, in Europa, come in America Latina, in Asia, e con dei tentativi persino negli Stati Uniti (come nel caso di Donald Trump). Come si è visto bene negli ultimi decenni in Europa centrale, sistemi democratici (sorti dal crollo dei sistemi comunisti) si sono trasformati, senza l’uso manifesto della violenza, in regimi populisti, antidemocratici con forti accenti totalitari. Questo è avvenuto attraverso percorsi simili la cui gravità non è stata compresa in tempo dai cittadini e dalle istituzioni europee. Prima, grazie alla demagogia e promesse populistiche, si sono vinte le elezioni, poi si è svuotato di poteri il parlamento; cambiato il sistema elettorale; tolta autonomia al sistema giudiziario; collocato in posti chiave dell’economia persone amiche che poi sono diventate padrone dei mezzi di informazione rendendoli asserviti al potere; esaltato il nazionalismo e la religione, soprattutto nel sistema educativo; creati e attaccati continuamente, con campagne d’odio, i “nemici” della nazione (l’Europa e le istituzioni finanziarie mondiali; i migranti; i “diversi”; gli intellettuali e gli oppositori).

Per rigenerare la democrazia politica bisogna quindi valorizzare l’etica del cittadino democratico pronto ad ascoltare l’altro, a cambiare idea, a riconoscere i propri errori. Ogni individuo può diventare il guardiano e il custode della pluralità della vita democratica. Molto spesso leggi e politiche ingiuste nascono da comportamenti sbagliati all’interno della società e si affermano come il risultato del nostro modo negativo di agire. Siamo noi che le anticipiamo, anche se non ce ne rendiamo conto. D’altra parte, come mostra la storia dei regimi totalitari e dittatoriali, i comportamenti di resistenza morale sorti dal basso sono il presupposto necessario del cambiamento, come è accaduto a Praga con “Charta 77”, in Argentina con le donne di Plaza de Mayo, e oggi in Iran con la resistenza delle donne al fondamentalismo o in Russia con il coraggio dei giornalisti e delle persone libere. Sono sempre le persone che possono fare la differenza e che seminano la possibilità della trasformazione politica, anche quando ci si trova nell’abisso.

Scarica il documento integrale

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo e Francesco M. Cataluccio, Responsabile editoriale della Fondazione Gariwo

13 novembre 2023

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