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​Khaled Fouad Allam e il valore dei giusti arabi

di Gabriele Nissim

Khaled Fouad Allam

Khaled Fouad Allam

Ci sono persone che lasciano un segno nella nostra vita. Uno di questi è stato per me Khaled Fouad Allam.

Avevo presentato un suo libro, La solitudine dell’Occidente, nel dicembre del 2006 alla Casa della Cultura di Milano, quando era iniziata la grande discussione su Islam e fondamentalismo.

Dopo l’11 settembre del 2001, la percezione di quando stava accadendo nel mondo arabo e musulmano divideva l’opinione pubblica.

Allora erano prevalenti in Italia due linee di interpretazione su quel fenomeno che poi avrebbe cambiato il mondo arabo e la nostra stessa condizione di esistenza nel mondo occidentale. C’erano coloro, come Oriana Fallaci e il giornalista Magdi Allam, che vedevano l’origine di quel male radicale nell’essenza della cultura islamica.

In particolare Magdi Allam, che aveva acquistato una grande popolarità come giornalista e inviato del Corriere, da analista e narratore delle vicende arabe si era trasformato in un paladino della difesa oltranzista dell’Occidente nei confronti dell’Islam. Aveva fatto poi un gesto clamoroso il 22 marzo del 2008, quando durante la veglia pasquale si era convertito al cristianesimo a San Pietro, ricevendo il battesimo e la cresima direttamente da Benedetto XVI. Da quel momento aveva preso non solo il nome di Cristiano, ma con i suoi libri e il suo ingresso in politica, a dire il vero piuttosto fallimentare, aveva cominciato a trasmettere un messaggio nei confronti dell’Islam che riprendeva i temi dello scontro di civiltà.

Se gli arabi volevano liberarsi dovevano uscire dall’Islam, e lui lo aveva fatto con quel suo gesto clamoroso in Vaticano. Poi però aveva fatto marcia indietro nel 2013, dichiarando che la chiesa lo aveva deluso perché stava cadendo nel relativismo, legittimando l’Islam come religione di pari valore al cristianesimo. Magdi Allam era poi giunto al punto di farsi paladino della difesa delle frontiere, contro il pericolo di contaminazione culturale che poteva venire dall’eccessivo numero di migranti musulmani che arrivavano in Italia.

C’era chi invece, come ad esempio il saggista e giornalista Massimo Fini, continuava a considerare il fenomeno del fondamentalismo e del terrorismo come un effetto indotto dalle guerre sbagliate condotte da Bush e dai Paesi europei in Afghanistan, Iraq e Libia. Poiché questi Paesi erano stati vittime dell’Occidente, i terroristi e i fondamentalisti si dovevano considerare come una creazione dell’Occidente. Dunque senza una profonda autocritica sui mali del nuovo colonialismo occidentale, non era possibile nessun passo in avanti. È un tipo di discorso che, partendo da quella strana idea secondo cui per le vittime tutto può essere lecito, alla fine paradossalmente considera gli arabi e i musulmani come uomini diversi da noi. Prima di tutto perché in questo modo si toglie loro la possibilità di giudicare, poi perché non si comprende che il fondamentalismo rappresenta una rottura nella stessa cultura islamica, e che questo fenomeno prima di tutto fa del male proprio al mondo arabo, piuttosto che quello occidentale.

Khaled Fouad Allam, come scrittore e deputato nel Parlamento italiano, ha invece perseguito un’altra strada rispetto a queste due letture opposte del fondamentalismo.

Ha cercato sempre la via del dialogo e dell’integrazione tra Islam e Occidente, mostrando come fosse necessario non cadere in facili generalizzazioni, ma cogliendo senza paraocchi tutti i chiari scuri che attraversano il mondo arabo nel difficile e complesso passaggio alla modernità.

Eppure in questa sua lettura molto equilibrata Fouad Allam è stato uno dei più attenti osservatori del fenomeno dell’Isis, dedicando a questa deriva nel mondo arabo proprio il suo ultimo libro, Il jihadista della porta accanto.

Il califfato, osserva in una bella intervista rilasciata a Carolina Figini per Gariwo, nasce “su una frattura, esistente dalla prima guerra mondiale in poi, tra una parte del mondo arabo che vede nella modernità una fonte di emancipazione e progresso e una parte che considera raggiungibile questa modernità soltanto attraverso il ritorno a un Islam delle origini. Il progetto del califfato mira così ad abbattere gli Stati nazione arabi e musulmani che erano sorti dal contatto tra il mondo musulmano e l’Occidente, come via alla modernità.”

Ecco perché per Allam diventa fondamentale una battaglia comune tra le forze occidentali e tutti coloro che nel mondo arabo si battano per la laicità e la modernità in un processo ancora non compiuto.

A questa sua intuizione Gariwo deve la ricerca e la valorizzazione degli uomini giusti che oggi nel mondo arabo rappresentano la difesa morale contro il fondamentalismo.

Proprio per questo il 3 marzo a Milano, quando ho celebrato la Giornata europea dei Giusti insieme a tutto il corpo consolare, ho voluto ricordare una citazione del Corano che Fuad Allam amava moltissimo e che rappresenta la chiave per una battaglia morale di fronte al fondamentalismo.

“Se Dio avesse voluto, certo avrebbe fatto di voi una sola comunità. Ma vuol provarvi con ciò che vi ha dato. Gareggiate quindi nelle buone opere. Tutti ritornerete a Dio che allora vi informerà su ciò su cui divergete”. E ancora: “Per questo prescrivemmo ai figli d’Israele che chiunque ucciderà una persona senza che questa ne abbia uccisa un’altra o portato la corruzione sulla terra, è come se avesse ucciso l’umanità intera. E chiunque avrà vivificato una persona, sarà come se avesse dato vita all’umanità intera”.

Grazie Fuad, ci mancherai molto, ma hai lasciato un segno importante in tutti noi.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

11 giugno 2015

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