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Setirot - Responsabilità

di Stefano Jesurum

Proponiamo qui di seguito la riflessione sulla Carta delle Responsabilità 2017 del giornalista Stefano Jesurum sulle pagine di Moked.

Sono anche io tra i firmatari della Carta delle responsabilità 2017, presentata alcuni giorni fa a Milano da Gariwo – La foresta dei Giusti. Vi hanno già aderito personaggi più o meno noti, moltissimi cittadini di differenti parti politiche accomunati dal fatto di riconoscersi nelle sue parole, analisi, prospettive. Che, stringi stringi, sono poi quel caposaldo assoluto dell’ebraismo che risponde al nome di responsabilità individuale. Perché, scrive Gabriele Nissim che di Gariwo è presidente, “… Per sconfiggere il male, bisogna anticipare il bene… Come è accaduto a tanti giusti nella storia che hanno riempito uno spazio vuoto e costruito piccole isole di umanità, l’uomo responsabile nel suo ambito di sovranità offre il suo contributo per raddrizzare il mondo. Il suo esempio può diventare contagioso e accendere una scintilla tra gli altri uomini…”. Già, tiqqùn olàm, riparare il mondo.

La Carta affronta i temi più urgenti e scottanti di oggi: i rischi per la democrazia, la necessità di ridare veste e ruolo all’Europa, i migranti, i muri, il razzismo e l’antisemitismo, la cultura dell’odio, il terrorismo. E invita a perseverare nel ricercare insieme la nostra comune umanità.
Ma non è tanto della Carta che voglio parlare (l’ha già fatto assai bene giorni fa Anna Foa proprio su queste colonne), bensì di coloro, e ne conosco tanti, che di fronte a operazioni come questa fanno spallucce o si stampano sul viso quei sorrisini beffardi che suonano come “siete anime belle, illusi perditempo, che cosa credete di fare?”. Costoro appartengono a diversi schieramenti politici, fingono, o credono, di essersi “liberati” della “schiavitù” delle ideologie, la spocchia riempie i loro sguardi e il loro comportamento. Fanatici sostenitori del “benaltrismo”, non partecipano alle grandi marce contro il razzismo perché è roba da “buonisti”. Si riempiono la bocca di parolone sofisticate pensando così di mascherare la loro colpevole indifferenza, conscia o inconscia che sia.
Sbagliano, eccome se sbagliano. Lo dico non perché io abbia la Verità in tasca, ma perché (non potendo parlare per i molti che so pensarla allo stesso modo, parlo per me) io coltivo la memoria. E se una parte della mia famiglia si è salvata dal Lager – soltanto una parte – è per via di qualche “anima bella” che ha rischiato la propria vita per aiutarla. Io non lo dimentico.

Stefano Jesurum, giornalista

Analisi di

30 maggio 2017

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