Gariwo
QR-code
https://it.gariwo.net/multimedia/conferenze/jewher-ilham-al-vertice-di-ginevra-per-i-diritti-umani-24500.html
Gariwo

Jewher Ilham al vertice di Ginevra per i diritti umani

la figlia di Ilham Tohti e il suo appello per gli uiguri nel 2020

"Vai. Non piangere. Non lasciare che pensino che le ragazze uigure siano deboli.”: queste sono state le ultime parole che mi disse mio padre il 2 febbraio 2013 quando lo lasciai in una stanza bianca all'aeroporto di Pechino e salii su un aereo per gli Stati Uniti. Stavamo andando all'Università dell'Indiana, dove mio padre era stato invitato come studioso. Avevo 18 anni.

All'inizio mi opposi: “Come posso lasciarti? Come posso andare negli Stati Uniti da sola? Non parlo nemmeno inglese…"

Ma lui insistette: "Guardati intorno. Guarda come ti sta trattando questo Paese. Vuoi restare ancora qui?"

Mio padre, Ilham Tohti, è nato nel 1969 ad Artush, una piccola città nella regione uigura famosa per la presenza di grandi imprenditori. Era un uomo d'affari di successo, un economista, un professore all'Università Minzhu di Pechino e un convinto sostenitore dell'uguaglianza per tutte le persone. Parla molte lingue. È colto, un'anima compassionevole e un buon padre.

Prima del suo arresto nel 2014, trascorreva la maggior parte del suo tempo promuovendo il dialogo tra le minoranze etniche e la maggioranza Han in Cina. Ha viaggiato in molti Paesi, scoprendo che persone diverse possono vivere insieme in armonia. Voleva questo per la Cina. Mio padre ha creato il sito web Uyghurbiz.com in modo che gli Han potessero comprendere i molti aspetti della vita uigura: una ricca cultura, una bella lingua, oltre a disparità sociali ed economiche. Tutto questo è stato uno sforzo in buona fede per contrastare l'immagine dei media e dei libri di testi scolastici della Cina che ritraggono gli uiguri come borseggiatori, ladri e ora violenti estremisti.

Mio padre fu trattenuto per tre giorni dopo che ci eravamo scambiati l'ultimo saluto all'aeroporto internazionale di Pechino. Trascorse i successivi 11 mesi agli arresti domiciliari. Parlavamo almeno tre volte al giorno, assicurandoci che l'altro fosse al sicuro e adattandoci alle nuove circostanze.

All'inizio le nostre conversazioni si concentravano sul tipo di cose di cui si preoccupano i padri quando la loro figlia è lontana. Come stavo mangiando? Come andava il mio inglese? Mi stavo facendo nuove amicizie? Era orgoglioso di me anche quando facevo le cose più piccole. Quando ho pagato la mia prima bolletta della luce, mio padre era felice di quanto stavo diventando grande. Presto però i discorsi leggeri divennero più seri...

Qualche mese prima di essere portato via, il 15 gennaio 2014, mi avvertì che probabilmente sarebbe stato arrestato. Mi disse: “Creati un account Twitter e Facebook. Ne avrai bisogno un giorno. Papà ha molti amici in tutto il mondo. Alcuni li ho incontrati, altri non li conosco nemmeno. Ti aiuteranno. Non pensarci troppo adesso. Concentrati sui tuoi studi. Voglio prepararti per ciò che potrebbe venire”.

Sono nata nel mondo di mio padre. Non avevo scelta. Da ragazzina vivevo in Cina, ho sperimentato le intrusioni dello Stato nella nostra sicurezza, la sorveglianza costante, le restrizioni alla scuola, la detenzione nelle campagne e le minacce di morte.

Nel 2013 la scelta di lasciare la Cina è stata mia. Con quella scelta è arrivata l'opportunità di mantenere vivo il lavoro di mio padre. Sapeva che volevano metterlo a tacere etichettandolo come separatista e rinchiudendolo in isolamento. Ora mio padre sta scontando l'ergastolo e nessuno ha avuto contatti con lui dal 2017. Non so dove sia e non so nemmeno se sia vivo. Ma i suoi desideri di libertà di pensiero e di espressione non possono essere messi a tacere.

Mio padre aveva ragione, ha amici in tutto il mondo. Quegli amici su Twitter, Facebook e Instagram sono diventati miei amici e gli amici di tutti gli uiguri. Sono amici dei manifestanti di Hong Kong. Sono amici del popolo tibetano. Sono amici di avvocati, attivisti sindacali e difensori dei diritti umani che lavorano all'interno della Cina. Mio padre è un uomo saggio che sapeva che l'unità attorno a una causa comune è più potente dell'isolamento. È giunto il momento per tutti noi di ritrovarci e di unirci nelle nostre richieste di libertà.

Con ciò, offro alcuni inviti all'azione.

  • Preservare la missione delle Nazioni Unite per la protezione dei diritti umani per tutte le persone. Smettere di consentire al governo cinese di politicizzare le istituzioni.

  • Proteggere le organizzazioni multilaterali dall'influenza di Paesi autoritari che stanno distruggendo lo spirito di collaborazione che questi corpi sono stati creati per tutelare. Prendiamo ad esempio l'Organizzazione Mondiale della Sanità e le sue relazioni con la Cina. L'approvazione dell'OMS dei numeri e delle valutazioni della Cina nelle prime fasi di questo focolaio di coronavirus, così come il suo continuo elogio per la risposta del Paese, hanno minato gli sforzi per controllare la diffusione del virus. 

  • A proposito di coronavirus, la regione uigura è ad alto rischio di infezione con oltre un milione di persone detenute in campi sovraffollati e non igienici. I sistemi immunitari sono già insufficienti per la cattiva alimentazione e le cure mediche inadeguate. Il totale blackout dei media in questa regione rende difficile sapere quante persone sono state infettate e quante sono morte. È necessario inviare squadre mediche e mobili nella regione uigura per controllare, diagnosticare e curare coloro che si trovano all'interno e all'esterno dei campi. Hanno bisogno di te.
  • Al popolo cinese, dentro e fuori la Cina, come mi disse mio padre prima che salissi su quell'aereo per gli Stati Uniti: “Guardatevi intorno. Guardate come vi tratta questo Paese". Volete ancora tacere? Riuscite ancora a rimanere in silenzio quando così tanti di voi, i vostri amici e le vostre famiglie stanno soffrendo? Per favore, parlate, non importa quanto possa essere intimidatorio o minaccioso.
  • Il governo cinese ha rinchiuso mio padre per tenerlo tranquillo, ma noi non siamo rinchiusi. Siamo liberi di parlare. Attraverso di noi, la sua voce non può essere messa a tacere. Attraverso di noi, oltre un milione di persone detenute nei campi possono essere ascoltate. Diciamo ai nostri amici e a tutti quelli che conosciamo cosa abbiamo sentito oggi. Smettiamola di comprare cose che provengono dai campi di lavoro forzato. Come fai a sapere da dove vengono i tuoi beni? Le catene di approvvigionamento sono complicate. È ora di iniziare a farci domande e capire...

Chiediamo alla Cina di chiudere i campi e rilasciare mio padre!

Mi chiamo Jewer Ilham, sono la figlia di Ilham Tothi. Sono la figlia degli uiguri e gli uiguri hanno bisogno di te.

1 febbraio 2022

Non perderti le storie dei Giusti e della memoria del Bene

Una volta al mese riceverai una selezione a cura della redazione di Gariwo degli articoli ed iniziative più interessanti. Per iscriverti compila i campi sottostanti e clicca su iscrizione.




Grazie per aver dato la tua adesione!

Guarda altro in “Conferenze”

carica altri contenuti