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La memoria del bene unifica le memorie in Europa

di Gabriele Nissim

Le celebrazioni per la Giornata dei Giusti in Europa hanno portato a un risultato sorprendente: per la prima volta si è aperto un processo di condivisione delle memorie. Grazie all’istituzione di questa giornata da Milano a Praga, da Varsavia a Bruxelles, da San Pietroburgo a Sarajevo saranno ricordati gli uomini che si sono assunti una responsabilità personale di fronte ai genocidi e ai totalitarismi.

Fino ad ora era impensabile che in un'unica giornata gli armeni ricordassero la Shoah assieme alla tragedia che ha colpito il loro popolo, che gli ebrei ricordassero accanto al più terribile genocidio della Storia le vittime di altri massacri in Ruanda o in Cambogia, che nei paesi dell’est con i perseguitati del comunismo si ripensasse alla sorte degli ebrei durante il nazismo, dopo tanti anni di rimozione storica. 

La difficoltà nel condividere queste memorie scaturiva da ragioni molto serie. Il mondo ebraico, con in testa il Memoriale di Yad Vashem, aveva giustamente timore che un processo di comparazione potesse annacquare le responsabilità del mondo nei confronti dello sterminio ebraico. Ci sono voluti anni perché la riflessione sulla Shoah diventasse patrimonio di tutta la Comunità europea, e solo negli ultimi anni la Francia, la Polonia, l’Ungheria, l’Ucraina, hanno avviato un dibattito sulla complicità dei loro governi e delle loro popolazioni con il nazismo. D’altronde, gli armeni consideravano del tutto secondario occuparsi degli altri genocidi, quando il loro continuava a essere rimosso e dimenticato, e la Turchia minacciava quelli che se ne interessavano. E oggi le organizzazioni che si battono in Russia per la memoria dei gulag, come il Centro Nomi Restituiti, lottano con grandi difficoltà contro il vento nazionalista di Putin, che è riuscito a creare una cortina fumogena rispetto al passato totalitario, in nome della purezza della nazione.

Così, per tanti anni, il mancato riconoscimento delle responsabilità nei genocidi non ha solo impedito un dialogo fecondo tra le memorie, ma ha rallentato un processo di condivisione di un destino comune, pur all’interno di situazioni differenti. Ognuno ha pensato esclusivamente alla propria storia, e così in Europa si è spesso assistito ad una sorta di concorrenza sul valore delle rispettive memorie, come se si dovesse stilare una gerarchia delle sofferenze e ci fossero vittime più significative delle altre.

Il risultato è dunque che un giovane che vive a Praga, a Varsavia, o a Bucarest, non ha la stessa percezione del passato di un giovane italiano, inglese o francese, quando invece una memoria condivisa dovrebbe unire tutti i cittadini europei. A Budapest si è arrivati al paradosso che per ricordare le vittime del comunismo si coprivano le responsabilità di quanti, come l’ammiraglio Horty, sono stati responsabili delle leggi antisemite.

Con la valorizzazione della memoria dei Giusti, a seguito dell’approvazione da parte del Parlamento europeo della Dichiarazione del 10 maggio 2012, si sono finalmente incrinati gli steccati tra le memorie. 

Il motivo di questo inizio di metamorfosi è di tipo etico. Il richiamo al tema della responsabilità personale, incarnato dagli uomini che, pur con tutte le loro imperfezioni, si sono battuti per la dignità umana, permette di creare un inaspettato movimento di empatia.

L’uomo giusto è infatti colui che è capace di mettersi nei panni degli altri e di ergersi come un piccolo argine nei confronti del male.

Questo tipo di esperienza accomuna quanti hanno rischiato la propria vita per gli altri durante la Shoah, in Ruanda o nel genocidio armeno.

Infatti, in tutte quelle circostanze gli uomini sono stati chiamati a fare delle scelte sul valore della sacralità della vita, e purtroppo solo pochi ne sono stati capaci. 

Di fronte a questa aporia, che come ha osservato Jan Karski - il testimone inascoltato del ghetto di Varsavia - ha portato alla degenerazione morale di società intere, diventa importante riflettere sulle storie degli uomini giusti.

Essi insegnano che la sfida in ogni tempo è sempre la stessa: ogni uomo ha sempre la possibilità di salvare il mondo nel suo piccolo, non aspettandosi che altri lo possano fare per lui.

Emanuel Levinas aveva confidato al filosofo Bernard Casper, a proposito della sua esperienza di prigionia nello Stalag 1492 vicino ad Hannover, che di fronte ad una violenza gratuita e priva di senso, l’unica cosa che gli aveva permesso di resistere era quella voce interiore che gli diceva: “Tu però, ama. Tu non uccidere e non lasciare l’Altro nel suo essere mortale.”

Ecco il segreto dei Giusti: la responsabilità come ultimo baluardo della propria dignità quando l’umanità perde la bussola e ogni riferimento morale.

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