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Quale futuro per la Siria?

Intervista al politologo Vittorio Emanuele Parsi

A poche ore dalla rappresaglia turca in risposta ai colpi di mortaio siriani, mentre l'opinione pubblica turca manifesta la più netta opposizione a qualsiasi intervento militare in una Siria già dilaniata dalla guerra civile, abbiamo raggiunto il politologo Vittorio Emanuele Parsi per avere un quadro più chiaro dal fronte siriano. Ecco cosa ci ha detto il professore, ordinario di Relazioni internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed editorialista de La Stampa, sul ruolo dell'Onu, della Nato, sul destino della Siria e i giochi di potere di Iran, Russia e Turchia. 




Abbiamo letto nel suo editoriale che nonostante la richiesta turca la Nato non è interessata a un intervento collettivo in Siria, di fatto per una sostanziale fragilità dell’organizzazione. Cosa può dirci a proposito dello stallo in senso all’ ONU?


L’ONU è bloccato dai veti incrociati. Il problema è riuscire a spingere la Russia a capire che la situazione sta degenerando. Senza una collaborazione con gli altri Stati la Russia perderà ogni rilevanza in Medio Oriente. Ciò a cui Mosca può puntare adesso non è tanto una soluzione negoziata, quanto la transizione meno sanguinosa possibile. Se la Russia non fa questo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite rimarrà bloccato. 


A proposito della Russia, quali sono le motivazioni della reiterazione del veto?


Questa opposizione segna il rientro della Russia nella politica mediorientale. Mosca è alleata del regime di Assad, ed è alla ricerca di un ruolo da grande potenza. Il veto all’intervento militare in Siria amplifica il desiderio russo di apparire come attore di rilevanza internazionale in Medio Oriente, ruolo che Mosca non detiene più dalla caduta di Saddam Hussein e che sostanzialmente non esisteva più dalla guerra del ’90 -’91.


Partendo da questi presupposti, quale scenario si prefigura in Siria?


Non vi è purtroppo uno scenario facile da delineare. Gli attori in gioco sono molteplici. Negli ultimi giorni il governo siriano sembrava in vantaggio, ma i ribelli stanno riguadagnando terreno. In tutto questo si inquadra l’azione della Turchia. 


Ecco, appunto, la Turchia...


La Turchia potrebbe fare qualcosa per modificare la situazione attuale. A livello internazionale la Turchia non sarà lasciata da sola, nonostante la reticenza della Nato a un intervento collettivo. Di fatto per Erdogan è fondamentale agire, per poter conquistare un ruolo maggiore a livello regionale e internazionale. 
I Turchi, da quando si è evoluta la crisi siriana, cercano un ruolo nel Levante, nel Medio Oriente. Fin dallo scoppiare delle prime rivolte di piazza, Ankara ha intuito che le primavere arabe potevano essere l’occasione per riguadagnare credibilità internazionale, alla luce anche della preoccupazione per le mire egemoniche di Arabia Saudita e Qatar.


In questo quadro di insieme quale ruolo può svolgere l’Iran?


L’Iran é una variabile difficile da decifrare perché in questo momento sta affrontando problemi interni e internazionali. Teheran ha da un lato la sua questione nucleare che sta diventando una chimera ed è un nodo critico per un regime messo in difficoltà dalla crisi economica. Da’altra parte sta perdendo alleati nella regione e rischia di perdere il leverage nel Libano. Non manca la possibilità di qualche colpo di testa, e questo è un elemento molto pericoloso. 

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