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Si può parlare di genocidio a Gaza?

Riflessione sull'uso dei termini attorno a ciò che sta succedendo in Medio Oriente

Adulti che corrono portando in braccio bambini moribondi e bambini che cercano i genitori sepolti vivi da tonnellate di cemento. Sui social e sui media di tutto il mondo negli ultimi mesi abbiamo visto tante immagini come questa.

“GENOCIDE in Gaza” è una frase che caratterizza buona parte dei contenuti diffusi da Al Jazeera. 

“I media degli Stati Uniti", scrive Rami G. Khouri sul sito dell’emittente il 15 Dicembre 2023, “salvo poche eccezioni, si rifiutano di affrontare seriamente una delle questioni più importanti aperte dalla guerra: Israele sta commettendo un genocidio contro i palestinesi di Gaza e gli Stati Uniti sono complici del peggior del crimine dell’umanità?”.

L’articolo denuncia la ‘prudenza lessicale’ dei media americani che “chiamano ‘evacuazioni’ atti palesi di pulizia etnica e di deportazione, sostengono che Israele si sta ‘difendendo dal terrorismo’ anche se continua a terrorizzare con bombe e proiettili milioni di civili che vivono sotto occupazione, che già subiscono le leggi sull’apartheid e l’oppressione coloniale dei coloni”.

Non esita ad usare il termine 'genocidio’ anche Jewish Voice for Peace”, definita la più grande organizzazione ebraica progressista antisionista nel mondo, che denuncia il presidente Biden, il segretario di Stato Blinken e il segretario alla Difesa Austin "per la loro incapacità di prevenire e per essere complici del genocidio in corso a Gaza" e chiede un cessate il fuoco immediato come unico mezzoper fermare gli attacchi di massa, i crimini di guerra e il genocidio di Israele contro i palestinesi a Gaza, garantire il rilascio degli ostaggi israeliani e portare gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza che muore di fame a causa dell’assedio israeliano”.

Il 9 dicembre 2023, 55 storici specializzati nello studio della Shoah hanno scritto:

“Noi, studiosi dell’Olocausto, del genocidio e della violenza di massa, ci sentiamo obbligati a mettere in guardia dal pericolo di genocidio nell’attacco di Israele a Gaza. Notiamo anche che, se l’attacco israeliano dovesse intensificarsi, anche i palestinesi sotto occupazione militare israeliana in Cisgiordania e Gerusalemme Est e i cittadini palestinesi di Israele si troveranno ad affrontare un grave pericolo.”

Ora se è vero che uno degli elementi costitutivi del genocidio è l’intento che anima la distruzione di un gruppo (etnico, politico o sociale), il tentativo di Israele di ridurre gli “effetti collaterali” della guerra spostando la popolazione e la concessione di “pause umanitarie” sembrano contraddire questo intento, che invece emerge dal sadismo “pasoliniano” della strage compiuta da Hamas il 7 ottobre.

Di fatto, questa distinzione formale fra un genocidio e un insieme di “crimini di guerra” (come il bombardamento indiscriminato di aree abitate dai civili) rischia di sgretolarsi man mano che la guerra avanza, inficiata anche dalle dichiarazioni di intenti della leadership israeliana. A novembre, l’emittente pubblica israeliana Kan ha caricato sulla sua pagina twitter un video di bambini israeliani che cantavano l’ingresso dell’IDF a Gaza auspicando di “eliminarli tutti entro un anno”. L'emittente ha cancellato la clip dopo un'enorme reazione online, ma l’incidente è stato preceduto e accompagnato da dozzine di dichiarazioni di leader, ministri e alti ufficiali che alludevano a una responsabilità collettiva dei palestinesi per l’attacco di Hamas del 7 ottobre, additandoli quindi come obiettivi militari legittimi.

I 55 studiosi dell’Olocausto riportano le parole del coordinatore israeliano delle attività governative nei territori, maggiore generale Ghassan Alian: "Hamas si è trasformato nell’Isis, e gli abitanti di Gaza, invece di essere inorriditi, stanno festeggiando. Gli animali umani devono essere trattati come tali. Non ci sarà né elettricità né acqua [a Gaza], ci sarà solo distruzione. Volevate l'inferno, otterrete l'inferno”. 

Del resto il presidente di Israele Isaac Herzog era stato chiaro sin dal 13 ottobre: “È un’intera nazione là fuori ad essere responsabile. Non è vera questa retorica sui civili non consapevoli, non coinvolti. Non è assolutamente vero. Avrebbero potuto insorgere, avrebbero potuto combattere contro quel regime malvagio (Hamas) che ha preso il controllo di Gaza con un colpo di stato”.

Una delle immagini più inquietanti del 7 ottobre è forse quella dei giovani palestinesi che sputano sul copro nudo (e forse già freddo) di Shani Look, la bellissima austriaca uccisa da Hamas o che prendono a bastonate altri corpi di ostaggi sui furgoni che li portano a Gaza. Immagini terribili perché a compiere questi gesti sono dei civili, non dei miliziani, ma basta questo per dire che un’intera nazione “è responsabile”? Il presidente Herzog crede davvero che in un contesto come quello di Gaza, modellato sui metodi di controllo iraniano, qualcuno “avrebbe potuto insorgere”?

Dopo due mesi di guerra e di notti all’addiaccio quando è che una “evacuazione” diventa “pulizia etnica”? Rendere impossibile il ritorno di 1.800.000 persone radendo al suolo Gaza non è un modo per incoraggiare un nuovo esodo di massa verso gli stati arabi? Una pulizia etnica attuata con le bombe è molto diversa da quella attuata dai coloni che, in Cisgiordania, dal 7 ottobre, hanno costretto alla fuga più di 1000 Palestinesi?

Bibi Netanyahu ha respinto l’accusa di commettere crimini di guerra paragonando l’offensiva contro Hamas a quella degli alleati contro i Nazisti durante la seconda guerra mondiale, ma c’è un episodio di quel conflitto che sembra anticipare quello che stiamo vivendo in diretta:

“I residenti morirono nei modi più diversi: alcuni avevano il corpo ricoperto di ustioni, altri erano stati sepolti dalle macerie. Alcune vittime sembravano tranquillamente addormentate, altre avevano il volto straziato dal dolore ed erano state quasi denudate dagli uragani artificiali d’aria rovente scatenati dalle bombe incendiarie… “

Si tratta della cronaca di Dresda nel febbraio 1945, ma ricorda molto Gaza nel dicembre 2023.

La descrizione del bombardamento che fece 1.350.000 morti (principalmente donne e bambini) è tratta da “Biografia non autorizzata della Seconda Guerra Mondiale” di Marco Pizzuti il quale spiega che “il vero scopo era radere al suolo le abitazioni per abbattere il morale della popolazione tedesca e mostrare «i muscoli» ai sovietici con cui erano già in trattativa per la spartizione dell’Europa… Il giorno dopo i comandi alleati smisero di inventare obiettivi militari per camuffare le loro vere intenzioni e ordinarono espressamente di colpire la popolazione: ‘Il vostro bersaglio di questa notte sarà Chemnitz. Attaccheremo i profughi che si sono rifugiati là, specialmente dopo l’attacco di Dresda di ieri notte’».

Oggi, scrive Pizzuti, anche per storici americani e britannici di rilievo internazionale, “Il bombardamento di Dresda fu un vero e proprio crimine contro la popolazione inerme di una nazione già militarmente sconfitta”.

A Gaza, Hamas non sembra affatto sconfitta (anzi continua a combattere…) ma se per “vuotare l’acqua intorno al pesce” si continuerà a punire un intero popolo – ostaggio o complice di Hamas come noi fummo ostaggi e complici di Mussolini e Hitler – sarà sempre più difficile distinguere fra “atrocità di massa” e “pulizia etnica”. Quella già prefigurata dallo storico israeliano Ilan Pappè che, molto tempo prima di questa guerra, definì la politica di Israele verso i Palestinesi un “incremental genocide” (un genocidio al rallentatore) paventando “la distruzione definitiva dei palestinesi come gruppo nazionale attraverso la normalizzazione dell’annessione israeliana del territorio palestinese e l’esilio o l’assorbimento del gruppo nazionale di persone che si identificano come palestinesi”.

Mimmo Lombezzi, giornalista

19 dicembre 2023

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