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I sogni angosciosi dei regimi genocidari

la minaccia nordcoreana

Sono passati 60 anni, ma non sono cambiati gli slogan al 38° parallelo. E dopo le minacce nucleari di Kim Jong- un, sono fiorite le analisi sulla credibilità o meno delle parole del leader nordcoreano.

Che lo si consideri un eccentrico personaggio o un pericolo reale, l’ultimo discendente della dinastia dei Kim possiede indubbiamente quella che lo storico Yehuda Bauer considera essere una caratteristica dei regimi genocidari: la volontà di creare una realtà al di fuori della realtà.

È stato così per il genocidio armeno, che era la risposta alla sconfitta militare e politica della Turchia nei Balcani, il risultato di un sogno di un nuovo impero turco allargato dai Dardanelli al Kazakistan; è stato così per la Shoah.

Secondo Bauer, uno degli elementi tipici della tragedia dell’Olocausto è proprio la mancanza di pragmaticità, la volontà di realizzare un “sogno” - o piuttosto una fantasia angosciosa - a tutti i costi. Gli ebrei non erano un gruppo organizzato, non avevano un territorio proprio né forza politica o militare. Hitler non aveva motivazioni pragmatiche, e al di là di ragioni politico-economiche era mosso dall’incubo di una cospirazione ebraica per controllare il mondo, esattamente speculare al suo “sogno” di dominio.

Così come le ragioni della persecuzione degli ebrei sono totalmente al di fuori della realtà, anche i meccanismi alla base dei gesti di Pyongyang si fondano sulla “fantasia”.

La Corea non è certo nuova a espressioni forti e minacce tardo sovietiche come “rendere il Sud un mare di fuoco". Il sogno del giovane Kim è lo stesso di 60 anni fa, con le stesse due costanti: l'allontanamento degli Stati Uniti dalla Corea del Sud e “la completa vittoria del socialismo nel Nord per conseguire la liberazione nazionale di tutto il Paese” - come cita lo Statuto del Partito comunista coreano. Il “sogno” di una penisola unificata sotto il controllo dei Kim deve essere perseguito a tutti i costi, anche in contraddizione con lo spirito di sopravvivenza del Paese.

Certo, è molto probabile che proprio questo spirito salverà la Corea da una guerra con il Sud e con gli Stati Uniti - il governo di Pyongyang non è completamente folle o suicida - ma il “sogno” nordcoreano può esplodere e riversarsi contro una popolazione già afflitta da un regime crudele e totalitario. E questo non può non preoccupare se si pensa che, tornando a Bauer, tutti i regimi totalitari dalla fantasia hanno compiuto gesti terribili.

La comunità internazionale non può pensare solo a un paese eccentrico guidato da un personaggio che mescola in sé qualcosa di orribile e bizzarro, non può dare credibilità solo alle minacce nucleari provenienti da Teheran.

La realtà dei gulag coreani è ormai provata, le violenze sui prigionieri sono state narrate dai sopravvissuti. Le nazioni democratiche non possono stare a guardare. Per 60 anni il regime dei Kim è sopravvissuto grazie all’isolamento, che privava l’esterno di notizie sulla situazione nordcoreana. Ora abbiamo le informazioni, le immagini, le testimonianze, non possiamo girare la testa dall’altra parte.

Considerare il regime come una minaccia per l'umanità, e diffondere la conoscenza delle sistematiche e diffuse violazioni dei diritti umani di Pyongyang, è fondamentale perché non si verifichi quanto accaduto in Cambogia, e perché il mondo, quando la popolazione nordcoreana si libererà, non debba ripetere “sapevamo ma non abbiamo fatto niente”.

Martina Landi

Analisi di Martina Landi, Responsabile del coordinamento Gariwo

8 aprile 2013

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