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Il comando militare della coscienza

di Gabriele Nissim

Il discorso del presidente di Gariwo Gabriele Nissim per l'inaugurazione del primo Giardino dei Giusti militari in Italia, a Palazzo Salerno. Un'analisi sul significato del fare "la scelta" e sulle motivazioni dei soldati che salvarono gli ebrei.

Se ci troviamo oggi in questo splendido palazzo lo dobbiamo all’insegnamento di tre grandi personaggi: Raphael Lemkin, Hersch Lauterpacht e Moshe Bejski, che hanno cambiato il nostro modo di pensare.

Lemkin dopo la Shoah ha coniato la parola genocidio, perché non esisteva nel vocabolario un termine che descrivesse la distruzione di una minoranza nazionale, sociale o politica. Egli è stato il creatore della Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio e ci ha insegnato a rispettare un nuovo comandamento morale.

Lauterpacht ha formulato il principio giuridico, fatto proprio dal processo di Norimberga, secondo cui un uomo è sempre responsabile quando commette dei crimini contro l’umanità. Così, chi accetta leggi e ordini ingiusti, come hanno fatto i gerarchi nazisti, non si può giustificare e va considerato a tutti gli effetti perseguibile da un tribunale internazionale. In questi casi estremi, come è accaduto ad Antigone, l’essere umano è tenuto a disubbidire a leggi ingiuste per ubbidire invece ai comandamenti morali dell’umanità.

Il terzo, Moshe Bejski, artefice del Giardino dei Giusti Gerusalemme, ci ha guidato a cercare e a valorizzare nei Giardini dei Giusti gli uomini che con il loro coraggio si sono fatti argine nei confronti del male. Bejski ha trasmesso al mondo un insegnamento fondamentale: gli uomini giusti non vanno mai dimenticati, prima di tutto per un dovere di gratitudine, perché dobbiamo a loro in ogni epoca la salvezza dell’umano. E poi perché il loro insegnamento morale deve continuare a vivere nel nostro tempo come esempio per le nostre azioni.

In questa ottica, la Fondazione Gariwo ha creato i Giardini dei Giusti nel mondo. Essi hanno lo scopo di prevenire i genocidi e di educare la società alla responsabilità, promuovendo la bellezza e la forza della persona buona. Questa grande idea è oggi una proposta italiana che attraversa il mondo.

Troppo spesso gli insegnamenti di questi tre grandi maestri non hanno trovato uno strumento culturale che li facesse vivere permanentemente nella società. Il nostro paese, oggi, lo ha trovato promuovendo la Giornata dei Giusti in Europa e in Italia e costruendo centinaia di Giardini dei Giusti. Ecco perché è così importante la decisione dello Stato maggiore e del generale Tota di inaugurare il promo Giardino dei Giusti militari.

Direi che l’operazione di oggi ha lo stesso valore di quell'intuizione del Presidente Ciampi quando ricordò la gloriosa resistenza dei soldati italiani a Cefalonia di fronte ai tedeschi, che per tanti anni fu dimenticata. Allora, Ciampi, il 1 marzo 2001, ricordò a Cefalonia che i soldati della divisione Acqui il 14 settembre del 1943 furono posti dal loro comandante, il generale Gandin, di fronte a tre alternative: combattere al fianco dei tedeschi, cedere loro le armi, tenere le armi e combattere. Con “un orgoglioso passo in avanti”, ricordò il Presidente, decisero di “combattere, piuttosto che subire l’onta della cessione delle armi”.

La stessa dimenticanza, nella narrazione pubblica, è avvenuta per tanto tempo per quei militari italiani che hanno sfidato leggi ingiuste per salvare degli ebrei durante la Seconda guerra mondiale. Va detto con molta chiarezza che il regime fascista fu responsabile della costruzione di un totalitarismo che abolì la democrazia, fece approvare le leggi razziali, portò il nostro paese ad un'alleanza con la Germania nazista e a guerre di aggressione, dall’Albania, alla Grecia, alla Russia. Non fu l’Italia a progettare la soluzione finale, ma tutti gli alleati della Germania furono corresponsabili delle azioni di Hitler, quando approvarono le leggi razziali e misero al bando gli ebrei.

Come scrisse negli anni un grande ungherese, Itsvan Bibò, protagonista della rivoluzione anticomunista del 1956, è stato troppo facile scaricare sulla Germania tutte le colpe e non, invece, fare un esame di coscienza sulle responsabilità dei regimi che assecondarono la Germania. 

Ecco il valore dei militari “giusti” che ricordiamo oggi. Ci permettono di fare un'opera di purificazione morale sulla nostra storia, perché questi uomini sono stati quelli più capaci di difendere i valori di umanità del nostro paese. Questi militari, che si sono prodigati per salvare vite di persone che il regime nazifascista considerava come nemici pericolosi e additava al pubblico disprezzo prima dell’eliminazione, mostrano che c’era un'altra possibilità. Anche nelle situazioni più difficili una persona, qualsiasi persona e qualsiasi militare, può trovare una sua via personale per salvaguardare la dignità umana. Per questo motivo tutti gli esseri umani hanno sempre la possibilità di comportarsi da uomini giusti.

Ma questa via scelta con coraggio dai militari italiani è dipesa dalla loro capacità di rispondere a un ordine. Hanno risposto a un ordine morale. Non quello dei comandi militari e di leggi ingiuste, ma quello che da Socrate in poi possiamo definire "il comandamento della propria coscienza". È l’ordine più difficile e complesso che si possa ricevere nella propria vita. È quell’ordine che, se non viene perseguito, fa stare male con se stessi. 

Non basta avere un pensiero giusto, sentire dentro di noi la pietà, si tratta sempre di agire. E il passaggio dalla consapevolezza morale all’azione concreta passa sempre attraverso l’ordine della propria coscienza che ci spinge a metterci in marcia. Non c’è differenza tra l’ordine che si riceve da un generale durante, per esempio, una esercitazione e quello della nostra coscienza nei momenti difficili. Può sembrare paradossale, ma la modalità del comando è la stessa, perché agiamo attraverso una scossa che ci mette in moto per l’inizio di una grande azione. È l’insegnamento dell’imperativo morale di Kant. Un ordine che accende il nostro motore.

Io non amo la retorica. È molto difficile agire quando il mondo va in una cattiva direzione e i tuoi amici la pensano al contrario di te. Non sai cosa fare e, magari, pensi di sbagliare. Quindi dobbiamo pensare al travaglio interiore di tutti questi militari giusti.

Penso ad una figura come quella del generale Maurizio Lazzaro De Castiglioni, che mi ha molto affascinato e che dovrebbe essere raccontata nei libri di storia allo stesso modo di Oskar Schindler, Giorgio Perlasca o Dimitar Peshev, come ha sottolineato in un suo importante libro il giornalista Alberto Toscano

Castiglioni, a capo della Quinta divisione alpina Pusteria, per proteggere gli ebrei nella zona di occupazione militare italiana nel sud est della Francia è stato capace di sfidare con il suo coraggio gli agenti dell’Ovra e della Gestapo e l’amministrazione del governo francese collaborazionista di Vichy. Si calcola che circa 25 mila ebrei trovarono protezione in quell’area. Castiglioni, coraggiosamente, il 14 marzo del 1943 scrisse al prefetto di Isère, collaborazionista dei nazisti, di annullare qualsiasi arresto di ebrei, in quanto in quell'area era soltanto lui il responsabile delle loro vite.

Pensiamo dunque alla razionalità e all’equilibrio di Castiglioni di fronte ai tre nemici degli ebrei: fascisti, nazisti e, soprattutto, collaborazionisti francesi. Ma ricordiamoci anche che, dopo l’8 settembre quando i tedeschi cercarono di sottomettere e disarmare i soldati italiani in Francia, i militari della divisione alpina Pusteria scelsero di combattere i tedeschi, come fecero i soldati della divisione Acqui a Cefalonia, e decine furono i morti. Può sembrare un paradosso, ma senza più la protezione di Castiglioni aumentarono le vittime ebraiche della Shoah in Francia.

Tutte le storie di coraggio dei soldati italiani di fronte al male estremo che ricordiamo - Maurizio Lazzaro De Castiglioni, il capitano Benedetto de Beni, il maggiore Arturo Gatti, Rinaldo Arnaldi, Fosco Annoni, il colonnello Giuseppe Azzali, il colonnello Antonio Bertone, il Generale Giuseppe Amico - ci pongono interrogativi sul mondo di oggi.

Di fronte alla guerra in Ucraina e alle atrocità dell’esercito russo, speriamo che ci siano dei soldati russi che si comportino con lo stesso spirito di questi militari italiani e che sappiano disubbidire agli ordini di Putin e ascoltare il comando militare della propria coscienza.

Gabriele Nissim, presidente di Gariwo

Analisi di

30 marzo 2023

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