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Le sei parole del metodo di Gariwo per i Giardini dei Giusti

di Gabriele Nissim

Pubblichiamo di seguito l'intervento di apertura dei lavori del GariwoNetwork 2023 del presidente di Gariwo Gabriele Nissim. 

Vorrei dedicare questo GariwoNetwork ad un arabo, un musulmano.
Si chiama Youssef Ziadna. Ha 47 anni. Vive a Rahat un piccolo villaggio non lontano da Gaza. Ritiene di non essere trattato bene. Vorrebbe che i beduini come lui non fossero cittadini di serie B. Non gli piace la legge sullo stato ebraico di Netanyahu. Di professione fa l’autista. Il 7 ottobre accompagna dei ragazzi ad una festa. Deve andarli a riprendere la mattina successiva. Riceve una telefonata da parte di un ragazzo che gli dice di essere in pericolo. Prende il suo pulmino, si sente dire che andare è pericoloso. Vede gente fuggire. Sente gli spari. Capisce che è in corso un attentato. Non si ferma e arriva a Re’im, il luogo del massacro. Raccoglie 30 ragazzi in un pulmino che ne tiene dieci.

Dopo vari chilometri viene fermato a un posto di blocco. La polizia pensa che sia un terrorista, ma i ragazzi spiegano ai poliziotti che è stato lui a salvarli. Dopo il suo gesto riceve una telefonata da Gaza. Un palestinese di Hamas lo minaccia perché ha salvato degli israeliani: ti verremo a cercare a casa tua. Sappiamo chi sei. Egli però sostiene che non si farà intimidire. "Avevo la possibilità di tornare indietro, ma per salvare delle vite sono pronto a morire".

Youssef Ziadna è stato capace di sentire compassione e andare oltre la sua identità sentendo quella dell’altro. Ha sentito l’altro come suo prossimo. Improvvisamente ha vissuto due identità e il loro legame. Si è sentito palestinese, ma è inorridito di fronte a un pogrom di israeliani. Non ha avuto dubbi. Non voleva essere complice di un massacro. È stato l’artefice di un nuovo inizio. L’azione di un Giusto ha lo stesso effetto della natalità. Crea qualcosa di nuovo che non c’era prima e che può cambiare lo stato delle cose.

Sta a noi raccontare queste storie. Dobbiamo mostrare nei Giardini dei Giusti tutte le persone che sono capaci di andare oltre alla propria identità nel conflitto israelo-palestinese, come ad esempio gli abitanti del villaggio di Neve Shalom Wahat al-Salam.

Noi non abbiamo mezzi per risolvere i conflitti, ma dobbiamo lavorare per il riconoscimento reciproco tra israeliani e palestinesi. Sette milioni di palestinesi e sette milioni di israeliani dovranno un giorno vivere assieme in Stati amici che collaborano tra di loro. Chi avrebbe mai immaginato la riconciliazione tra ebrei e tedeschi dopo l’Olocausto? È successo dopo il crimine più estremo del Novecento e allora perché non può accadere un giorno tra Israele e Palestina?

Non ho bisogno di dire che i Giardini devono essere un baluardo contro le forme di antisemitismo che si manifestano oggi. La più pericolosa, oltre a quella di non condannare Hamas, è quella di istillare il dubbio che le persecuzioni degli ebrei siano avvenute, ieri come oggi, perché gli ebrei sono colpevoli. Vittime perché colpevoli di qualche cosa...

È questo il cattivo segnale che viene da alcune università americane che, inneggiando alla resistenza palestinese, tacciono sui crimini contro l’umanità che sono stati commessi in Israele il 7 ottobre, come se lo sterminio di esseri umani potesse essere considerato una forma di resistenza. Come è un cattivo segnale che nelle manifestazioni contro i femminicidi non si ricordino le donne violentate durante il barbaro attacco di Hamas.

Un mio pensiero va anche a uno uomo sconfitto. È il primo ministro armeno Pashinyan, che ha evitato una guerra contro l’Azerbaigian per impedire il massacro finale degli armeni ed ha accolto 120 mila profughi del Karabakh, che se la guerra fosse continuata sarebbero stati massacrati. Una scelta molto difficile e dolorosa che va ricordata. Ha perso il Karabakh, ma ha salvato delle vite, quando il mondo è stato a guardare quello che succedeva.

Nei nostri quasi venticinque anni di attività abbiamo proposto una nuova modalità internazionale di prevenire il male e di educare la società attraverso la costruzione dei Giardini dei Giusti in ogni paese del mondo.

Pensiamo che l’Italia possa essere il paese all’avanguardia in questa impresa nel mondo, come lo è stato in Europa con l’istituzione della Giornata dei Giusti.

Lo scrittore israeliano Assaf Gavron insegna ai suoi studenti un esercizio: spiegare un concetto complesso in sei semplici parole. Pensiamo alla teoria della relatività, la più rivoluzionaria, spiegata da Einstein con una formula matematica. La formula più concisa per spiegare la più grande rivoluzione della fisica. Qualsiasi nuova idea che viene comunicata confusamente – come quando un oratore, un politico o un docente non sono in grado di comunicare con semplicità un pensiero e farsi comprendere dal pubblico - manifesta una mancanza, una scarsa elaborazione di un contenuto. Se non si è chiari dentro, non si può essere chiari fuori. Quali sono allora queste parole, e la nostra formula, che abbiamo sintetizzato nel metodo Gariwo e su cui vi invitiamo a discutere?

Ecco le nostre sei parole. Questa è la nostra scommessa per il futuro.


Responsabilità

Non facciamo campagne politiche, ma lavoriamo sull’etica e sulla formazione. Cerchiamo di mostrare che ovunque ogni essere umano può fare la differenza.

È il potere dei senza potere, di cui parlava a Praga Vaclav Havel durante gli anni del totalitarismo sovietico per indicare il ruolo del cittadino nello smascherare dal basso, con le sue parole e le sue azioni, le menzogne del sistema politico. Ognuno nel suo spazio di libertà può spingere la storia in una buona o cattiva direzione.

Come spiega un passo del Talmud, ricordato recentemente dal rabbino Alfonso Arbib, una persona che ha fatto una cosa sbagliata può fare pendere il piatto della bilancia del mondo dalla parte sbagliata, e una persona che ha fatto una cosa giusta può farlo pendere dalla parte giusta.

È il singolo, la persona, che conta nella storia e che in ogni occasione, come ricorda Hans Jonas parlando dell’etica della responsabilità, può fare il miracolo, anche nelle situazioni che sembrano senza speranza. I miracoli non vengono dal cielo, ma sempre da una persona che può avere la capacità non solo di fare la cosa giusta, ma di cambiare la mentalità stessa degli ingiusti.

Da quando esiste l’umanità l’etica non nasce solo da un percorso interiore, ma ha sempre bisogno di buoni maestri che indirizzino le persone e accendano le coscienze. Conoscenza ed etica vanno sempre insegnate di generazione in generazione, con la consapevolezza che le loro modalità sono sempre nuove e differenti; perché, come sosteneva Eraclito, acque sempre diverse scorrono negli stessi fiumi. Chi non lo capisce, e pensa che il mondo sia sempre uguale e che ogni uomo sia una fotocopia dell’altro, non può insegnare nulla.


Genocidio. Dalla formula di Lemkin

A differenza di certe letture, crediamo che dopo la Shoah esista una ripetibilità del male che si si presenta in forme sempre nuove. Per noi il concetto di genocidio non riguarda solo gli ebrei, ma tutti i popoli e i gruppi che sono o sono stati minacciati e annientati; come gli armeni, i tutsi, i desaparecidos argentini, i siriani sterminati da Assad e dai russi.

L’errore che viene spesso fatto è raccontare il male dalla fine e non dal suo inizio. L’opinione pubblica non si rende conto che il prima ha determinato il dopo.

Dobbiamo lavorare sulla prevenzione e cogliere i segni del male alla sua genesi. Dalle parole malate, al disprezzo, all’odio in politica, alle leggi ingiuste.

Oggi, per esempio, la contrapposizione frontale tra i partiti come se fossero depositari di una verità assoluta da imporre agli altri può aprire la strada alla democrazia illiberale, come abbiamo visto succedere nella politica di Trump, Bolsonaro, Orban. E speriamo che non accada ora in Argentina con il nuovo presidente Javier Milei, che ha dichiarato di volere agire come se fosse una motosega.

È la crisi della democrazia politica, che può portare alla sua caduta.

Dobbiamo insegnare che la democrazia ha bisogno di uomini democratici capaci di ascoltare l’altro e di avere il gusto di mettersi permanentemente in discussione. Non c’è consapevolezza sul fatto che la democrazia sia il più importante antidoto contro i totalitarismi e il male estremo.

L’umanità ha sbagliato quando non aveva compreso il disegno di Hitler argomentato nel Mein Kampf e, oggi, siamo stati sorpresi da Putin, o dai crimini di Hamas, perché non abbiamo colto prima il disegno politico che ci stava dietro. Nulla di terribile accade per caso, ma nasce sempre da una preparazione che va individuata e compresa dalle sue origini. Per questo motivo Primo Levi scriveva che Auschwitz non era un altro pianeta e che non esistevano mondi contrapposti.

I campi di concentramento erano una conseguenza di quello che era accaduto prima, e dunque, dimostravano che da una normalità malata può nascere il sempre il peggio. Se ci si abitua a disumanizzare l’altro, o non si rispetta la ricchezza della pluralità umana nella nostra vita quotidiana, quello che è accaduto si può sempre ripetere.

Ecco perché dobbiamo diventare come sentinelle, che se sentono una puzza di marcio sono capaci di reagire in anticipo. È un lavoro importante di educazione preventiva che devono fare i Giardini dei Giusti.


Giusti

Con il termine Giusto indichiamo chi si assume una responsabilità nel male estremo, ma anche chi, senza desiderio di apparire, ci mette la faccia quando coglie i segni negativi della società. È la persona che sa anticipare il bene. Il Giusto non è come l’eroe greco che cerca l’immortalità e la fama sulla scena pubblica, ma è colui che si sente prossimo all’altro, come il buon samaritano, e prova gioia compiendo la sua azione. Non cerca una gratificazione pubblica. Il Giusto non segue la politica e nemmeno le cause. Agisce sia all’interno di una causa giusta, per evitare le macerie, sia in una causa sbagliata. Chi salva dei bambini a Gaza lo fa indipendentemente dalle responsabilità di Hamas, come ha suggerito Liliana Segre.

Il Giusto salva sempre l’umanità. È capace di cogliere l’ingiustizia in una causa giusta e ribellarsi ad una causa sbagliata. È sempre irriducibile e per questo non piace né ai vinti né ai vincitori. È una pietra di inciampo in ogni situazione. Per questo la persona giusta permette a tutti di pensare e ha una funzione socratica. Senza i Giusti non metteremmo mai in discussione le nostre certezze.


Giardini dei Giusti

I Giardini sono lo strumento che proponiamo in ogni paese per fare vivere, dal basso, le più importanti risoluzioni adottate dalle Nazioni Unite dopo la Seconda guerra mondiale: la convenzione per la prevenzione dei genocidi e la dichiarazione universale sui diritti dell’uomo.

Se guardiamo alle Nazioni Unite proviamo indignazione nel vedere l’Iran dirigere il suo Forum sui diritti umani, oppure nel vedere la sua impotenza nel fermare le guerre e i genocidi in corso.

Crediamo che quelli che definiamo i nuovi comandamenti morali debbano rigenerarsi, con uno strumento nuovo che renda attive le coscienze.

Quale è la modalità di azione dei Giardini su cui invitiamo a riflettere?

Da un lato, i Giardini, facendo conoscere i Giusti del mondo intero, rompono le barriere e promuovono una consapevolezza universale su tutte le ingiustizie, aiutando i cittadini a non sentirsi parte di una sola nazione ma del mondo intero.

Fanno sentire la nostra doppia appartenenza: al nostro paese e al mondo. È un esercizio costante. Uscire dal proprio ego, dal senso normale di appartenenza al nostro paese di origine, per sentirsi come esseri umani dell’intera umanità. È con questo esercizio spirituale, che avviene prima di tutto nella nostra immaginazione, che si supera l’indifferenza e si riesce a mettersi al posto degli altri.

Dall’altro lato, i Giardini spingono le società a cercare i Giusti e a esprimere loro gratitudine. Anche questo è un esercizio importante, perché la ricerca e la sensibilità interiore nei confronti di un uomo giusto può creare un percorso di emulazione. Un essere umano può, così, decidere se fare parte della catena del bene.

I Giardini non danno ordini morali, non impongono nulla, ma spingono le persone a pensare. Si basano su una forma di comunicazione indiretta. Attivano le coscienze attraverso gli esempi dei giusti. Sono un’agorà moderna, una nuova stoa che invece che attorno ai portici di Zenone, il fondatore della scuola stoica, si può costruire attorno agli alberi, un nuovo kepos, il giardino dove Epicuro radunava i suoi adepti. Un luogo di riflessione e dialogica permanente.
I Giardini pongono delle domande alla società e un uomo può rispondere nei modi più diversi a queste sollecitazioni. Possono diventare, così, l’accademia della responsabilità.


Bellezza della persona buona

Molto spesso si ha l’idea che fare del bene sia una rinuncia o una privazione. Per questo i Giusti sono confusi con le vittime e si ritiene che la sofferenza sia il loro percorso obbligato. Non è così. Le persone che si prodigano per aiutare l’umanità lo fanno prima di tutto perché hanno compreso che fare il bene è la chiave migliore per stare meglio con se stessi e trovare una forma di felicità.

Per questo Socrate dice che è meglio subire un torto che farlo. I Giusti cercano la realizzazione della loro pienezza umana. Spinoza lo dice in un altro modo: ogni uomo agisce per il suo conatus, per realizzare la sua potenza, ma ognuno raggiunge questo obbiettivo solo assieme agli altri. Proprio perché ognuno di noi è un essere limitato che ha bisogno degli altri per la propria realizzazione.

Fare del bene non è un dover essere, ma è il nostro interesse nell’essere umani. Vito Mancuso mi ha ricordato una bellissima lettera di Seneca a Lucillo che definisce la pedagogia della gioia. “Lucillo mio, impara a gioire. Pensi davvero che ti voglia privare di molti piaceri? Al contrario voglio che non ti manchi mai la gioia. Voglio però che ti nasca in casa, e ti nascerà, se sorge dentro di te… questa gioia voglio che tu possieda; essa non ti verrà mai meno, una volta che tu sappia da dove deriva”.

Può sembrare una forzatura, ma i Giusti agiscono in un certo modo perché cercano la gioia. Ecco perché i Giardini dei Giusti devono essere belli, perché valorizzano la vita e la bellezza dell’essere umano.


Diplomazia del bene

Sappiamo che gli Stati democratici hanno sempre dei limiti nel sostenere i diritti umani, perché altrimenti ci sarebbe una guerra permanente contro le dittature e le superpotenze. Non si esportano i diritti e la democrazia. Gli Stati devono fare compromessi nelle loro relazioni internazionali.

Ma oggi le società, con le nuove forme di comunicazione, possono esercitare delle pressioni dal basso che possono supplire alle mancanze degli Stati. I Giardini, così, possono sottrarre dalla solitudine; aiutare i siriani, gli uiguri, i dissidenti cinesi o i giornalisti russi perseguitati per avere denunciato l’invasione dell’Ucraina.

Nel mondo di oggi la politica dei diritti umani può essere fatta dai cittadini e la società civile di un paese libero può intervenire nella vita di una società dove i diritti sono negati, creando delle creative forme di solidarietà o di denuncia. Un esempio fra tanti è stata la grande battaglia della famiglia di Giulio Regeni, che non si è mai arresa nel richiedere che venissero conosciuti e giudicati i responsabili della morte atroce del loro figlio, o quella della diaspora delle donne iraniane in Italia e nel mondo, che si sono battute per chiedere la fine dell’omertà nei confronti del regime iraniano per la persecuzione delle donne, chiedendo - al grido donna, vita, libertà - la fine della teocrazia.

I Giardini, dunque, possono rompere il muro di indifferenza non solo per fare conoscere alla società i diritti negati nel mondo e le crisi umanitarie, ma anche per rompere i meccanismi della realpolitik che, per convenienza politica o economica, rimuovono le politiche ingiuste degli Stati. Se, ad esempio, nell’ambito di una nuova relazione con la Cina l’Europa e gli Stati Uniti si astenessero dal criticare lo stato dei diritti umani nel paese, per non creare attriti politici pericolosi per la convivenza internazionale, i Giardini dei Giusti assieme ad altre istituzioni dovrebbero fare sentire la propria voce.

Per questo è per esempio fondamentale che tutti i Giardini sostengano, per esempio, il diritto all’indipendenza e a un regime democratico della repubblica di Taiwan, minacciata dalla Cina. Dunque, anche i Giardini come i Giusti sono irriducibili allo status quo. Portano avanti una battaglia che non avrà mai fine e che testimonia la natura morale di un Giardino, capace di essere un corpo indipendente che non si fa condizionare dalla politica.

Gabriele Nissim

Analisi di Gabriele Nissim, Presidente Fondazione Gariwo

29 novembre 2023

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