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Padre Mario Falconi (1944)

il barnabita che ha salvato 3mila persone durante il genocidio in Ruanda

"Eroe della Patria", "Custode della pace, dell’unità e della riconciliazione", "Giusto del Ruanda". Sono i titoli legati alle onorificenze attribuite dal presidente del Ruanda, Paul Kagame, a padre Mario Maria Falconi. Barnabita originario di Borgo di Terzo, classe 1944, padre Mario è missionario da 52 anni. La sua prima destinazione, nel 1972, è stata la Repubblica Democratica del Congo: ha trascorso quasi vent’anni nell’est del paese, tra Birava e Bukavu, poi nel 1990 ha attraversato il Lago Kivu ed è approdato a Muhura, in Ruanda. Muhura è nel Nord, a 120 km dalla capitale Kigali, sulla strada verso l’Uganda. Quando è arrivato padre Mario, la situazione era già difficile: i rapporti tra gli hutu, che all’epoca erano al potere, e i tutsi erano tesi. Nulla però poteva far presagire quello che sarebbe successo dopo l’assassinio del presidente Juvénal Habyarimana. Era il 6 aprile 1994 quando l’aereo su cui viaggiava insieme al collega burundese, di ritorno da un colloquio di pace ad Arusha, venne abbattuto.

Cominciarono da qui i cento giorni più tremendi della storia del Ruanda, costati un milione di morti. A Muhura, proprio per la sua collocazione territoriale lungo una delle “vie di fuga”, gli scontri furono subito violentissimi e i massacri quotidiani. Padre Mario, che non aveva mai fatto distinzioni tra le etnie, cercò di salvare chi poteva. Un giorno, mentre in macchina stava portando in parrocchia un gruppo di bambini tutsi che aveva nascosto nella cappella di un villaggio vicino, incrociò un posto di blocco degli interahamwe, le milizie estremiste hutu. Capì subito che se si fosse fermato i piccoli sarebbero stati massacrati: i paramilitari avevano già i machete in mano. Pregò, chiuse gli occhi e schiacciò l’acceleratore: loro si spostarono e lui, insieme ai ragazzi, riuscì a farla franca.

Fu però con una bugia che salvò circa 3mila persone. Come detto, Muhura non è lontana dal confine con l’Uganda, da dove il Fronte patriottico ruandese (Fpr), formato da tutsi, era entrato in Ruanda per mettere fine alla guerra civile e liberare il paese dai miliziani. Ma la fine delle ostilità era ancora ben lontana quando padre Falconi fece spargere la voce, del tutto falsa, secondo la quale l’Fpr era già alle porte del centro abitato. Gli estremisti - ma anche il sindaco di un comune della zona.... - gli avevano intimato di consegnare i rifugiati, minacciando che, in caso contrario, avrebbero ucciso loro e lui. Temendo però, proprio sulla base delle fake news diffuse dal sacerdote, lo scontro immediato con il Fronte, i miliziani rinviarono l’attacco che avevano programmato, e quando l’esercito di liberazione arrivò davvero, i tutsi che si erano rifugiati nel centro parrocchiale erano sani e salvi.

Padre Mario, che subito dopo l’inizio degli scontri aveva rinunciato a lasciare la sua missione utilizzando l’elicottero messo a disposizione dal console italiano Pierantonio Costa, tornò in Italia alla fine di aprile del 1994, portando in salvo una sessantina di orfani, ma ad ottobre era di nuovo nella “sua” missione, saccheggiata e devastata, tutta da ricostruire. Il percorso di riconciliazione iniziò dopo alcuni mesi drammatici, nei quali vendette e rappresaglie erano all’ordine del giorno. Oggi, il Ruanda ha “cancellato” per legge le etnie («siamo tutti e solo ruandesi» è il motto del presidente Kagame). Padre Mario ha costruito il dispensario, l’orfanotrofio, le scuole, l’acquedotto, una decina di chiesette sparse sul territorio. Per tutti. Non è più parroco di Muhura (quando è in Ruanda, vive a Kigali) ma ha fondato un’altra parrocchia a una decina di chilometri di distanza e ne sta istituendo un’altra ancora. Ad andare “in pensione” non ci pensa neppure: sta lavorando per costituire una congregazione di religiosi che vuol chiamare “Fratelli, amici di Gesù”. Perché di fraternità c’è un gran bisogno, in Ruanda come in tutto il mondo.

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