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Séan MacBride (1904 - 1988)

Fondatore di Amnesty International, premio Nobel per la pace 1974

Da leader rivoluzionario a premio Nobel per la pace, da capo di Stato Maggiore dell’IRA a paladino dei diritti umani e fondatore di Amnesty International: potrebbe essere riassunta così la straordinaria parabola umana e politica dell’irlandese Séan MacBride. Nato a Parigi nel 1904, unico figlio del maggiore John MacBride, fucilato dagli inglesi nel 1916 per il suo ruolo nell’insurrezione di Dublino, Séan seguì le orme del padre e si arruolò nell’IRA ad appena quindici anni, mentendo sulla sua età. Entrò nel ristretto circolo dei fedelissimi del generale Michael Collins, facendogli da corriere, da assistente e da guardia del corpo. In poco tempo divenne uno degli uomini più fidati del grande leader indipendentista e nell’ottobre 1921 fece parte della delegazione che si recò a Londra per i colloqui di pace. Negli anni seguenti concilia gli studi di giurisprudenza con un ruolo sempre più rilevante all’interno dell’IRA, fino a diventare Capo di Stato Maggiore, nel giugno 1936. Ma pochi mesi più tardi, l’approvazione della prima costituzione repubblicana dell’Irlanda lo convince ad abbandonare la lotta armata. Per il resto della sua vita si dedicherà all’attività forense, concentrandosi in particolare sulle condizioni disumane dei prigionieri politici nelle carceri britanniche e irlandesi. Al termine della Seconda guerra mondiale fonda Clann na Poblachta (“Figli della Repubblica”, in irlandese), un partito repubblicano di ispirazione socialista intenzionato a battersi per cancellare definitivamente il legame con la Gran Bretagna che per circa un decennio, tra la metà degli anni ‘40 e degli anni ‘50, gioca un ruolo significativo nella vita politica della neonata Repubblica. Nel 1947 entra nella coalizione di governo ed è nominato ministro degli Esteri: da quel momento in poi inizia a tessere una serie di relazioni che lo porteranno ad assumere un ruolo sempre più importante a livello internazionale. L’Irlanda è uno dei membri fondatori del Consiglio d’Europa ed entra poi a far parte delle Nazioni Unite nel 1955: MacBride è il principale artefice di entrambe le operazioni, che per lui avevano un valore profondamente anti-britannico.

Nel frattempo, è diventato anche uno dei più affermati avvocati penalisti del suo paese impegnati nella difesa dei diritti umani a livello nazionale e internazionale. All’inizio degli anni ‘60 si reca in visita ufficiale in Sudafrica e coglie l’occasione per denunciare le gravi violazioni commesse dal regime dell’apartheid. Il suo intervento mette in grave imbarazzo il governo sudafricano e lo costringe a rilasciare alcuni prigionieri politici dalle carceri del paese. Resta molto colpito nel vedere l’effetto che le pressioni internazionali possono avere persino su un regime chiuso e ferocemente dittatoriale come quello sudafricano. Secondo alcuni sarà proprio quell’episodio a convincerlo dell’efficacia di un metodo di lavoro che può essere utilizzato in tutto il mondo. Nel 1961, insieme all’avvocato inglese Peter Benenson e ad altri giuristi, Séan MacBride è tra i fondatori di Amnesty International, un’organizzazione non governativa per la liberazione dei prigionieri di coscienza basata sulla raccolta accurata di informazioni e su denunce circostanziate per opporsi all’arresto e all’incarcerazione arbitraria, alla tortura e alla privazione dei diritti umani fondamentali. MacBride la presiede per oltre un decennio e la sua grande esperienza in campo legale, politico e diplomatico si rivela decisiva per porre le basi di un movimento che cresce fino a diventare un punto di riferimento mondiale nel campo dei diritti umani.

In quegli anni viaggia senza sosta in tutto il mondo per partecipare a inchieste, processi e iniziative umanitarie. Per il suo lavoro nel campo dei diritti umani e contro il colonialismo, nel 1973 l’Organizzazione degli stati africani lo nomina primo Commissario delle Nazioni Unite per la Namibia. Nei tre anni successivi riesce a ottenere il riconoscimento internazionale per la piccola nazione dell’Africa sudoccidentale e ha un ruolo decisivo nel percorso che porterà al piano di pace delle Nazioni Unite e alla fine della guerra d’indipendenza contro il Sudafrica. Nel 1974 gli viene infine conferito il Nobel per la pace: le motivazioni del premio affermano che Séan MacBride è “un uomo capace di mobilitare le coscienze del mondo nella lotta contro le ingiustizie”. L’anno successivo riceve anche il premio Lenin per la pace da parte del governo sovietico. Sta ormai per compiere 72 anni, dopo una vita assai intensa. Altri al posto suo avrebbero deciso di ritirarsi, o quantomeno di rallentare l’impegno pubblico, i viaggi, il lavoro in giro per il mondo. Invece, dalla seconda metà degli anni ’70, MacBride è più instancabile che mai: scrive di suo pugno la Costituzione dell’Organizzazione dell’Unità Africana e partecipa alla stesura della carta costituzionale del Ghana, il primo paese africano che ottiene l’indipendenza dal dominio britannico, poi anche le costituzioni dello Zambia e della Tanzania. Durante la guerra del Vietnam porta personalmente il messaggio di papa Paolo VI ad Hanoi per denunciare i bombardamenti statunitensi, poi va a Teheran per cercare di sbloccare sul piano diplomatico la crisi degli ostaggi tra Stati Uniti e Iran.

Ma in quegli stessi anni inizia anche a impegnarsi in prima persona contro la proliferazione degli armamenti nucleari, divenendo uno dei principali esponenti dei movimenti internazionali per il disarmo. La sua voce autorevole si leva alta per denunciare gli interessi finanziari statunitensi che alimentano l’industria bellica, creando armi sempre più letali. Un’iniziativa che lo rende assai popolare in Unione Sovietica, almeno fino a quando non denuncia con la stessa forza anche l’invasione sovietica dell’Afghanistan e la legge marziale imposta in Polonia dal governo comunista. Nel 1983, dopo le stragi compiute dalle falangi libanesi nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila, MacBride viene chiamato dalle Nazioni Unite a presiedere una commissione internazionale che deve indagare sulle gravi violazioni dei diritti umani compiute nel corso dell’invasione israeliana del Libano. Negli ultimi anni della sua vita cerca anche di combattere con gli strumenti del diritto quello che definì molto eloquentemente l’“apartheid economico” che colpiva il suo paese, l’Irlanda, nello specifico il nord dell’isola rimasto sotto il dominio britannico. Come tanti altri riteneva che alle radici del conflitto vi fossero le gravissime discriminazioni sul lavoro nei confronti di una parte della popolazione, le continue intimidazioni, le minacce di morte e persino le uccisioni di lavoratori cattolici. A tale scopo lavora all’introduzione di una serie di principi antidiscriminatori che intendono cancellare le disuguaglianze sui luoghi di lavoro in Irlanda del Nord. Nel 1984 formula un codice di condotta ispirato alle misure per combattere la discriminazione sul lavoro in Sudafrica, che richiede alle aziende operanti in Irlanda del Nord di adottare giuste ed eque modalità di assunzione e impiego. Sono i cosiddetti “Principi di MacBride”, che riescono a far pressione sul governo britannico e si rivelano uno strumento nonviolento assai efficace contro la discriminazione dei lavoratori cattolici.

Séan MacBride muore il 15 gennaio 1988 nella sua casa di Dublino dopo una breve malattia, pochi giorni prima del suo ottantaquattresimo compleanno. È stato un rivoluzionario, un leader della guerriglia indipendentista irlandese, poi un brillante avvocato, uno statista, un diplomatico e un attivista per la pace e i diritti umani. Le stelle polari della sua esistenza rimasero sempre le stesse: l’indipendenza e l’unità dell’Irlanda, la difesa dei prigionieri politici, i diritti umani, il disarmo e l’autodeterminazione dei popoli oppressi.

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